All posts by Karin Mecozzi
Correlazioni “intime della natura”
Ilex aquifolium, Monte Catria, 10 ottobre 2015
Sintesi del lavoro su Alberi, Cosmo e Carattere
Sul sito dell’Accademia Europea per la cultura del paesaggio PETRARCA abbiamo pubblicato una sintesi del nostro soggiorno al Monastero di Fonte Avellana dal 23 al 29 agosto, su Alberi e principi cosmici nell’uomo e nella natura.
Buona lettura!
Le piante per i preparati biodinamici – 2 Corsi in collaborazione con Fondazione Le Madri
Passeggiata & Pranzo “Alla scoperta delle erbe dimenticate – frutti, semi, noci”
Un brodo di giuggiole
“Preparato dei 4 frutti pettorali”
(dall’Arabia)
Si fanno bollire per 20 minuti 100g di giuggiole secche, datteri, fichi secchi e uva sultanina in parti uguali in un litro di acqua. Si filtra il decotto e si consuma a piccoli sorsi durante la giornata. E’ un tonico delicato adatto anche ai bambini, in caso di tosse e catarro, asma, costipazione e stanchezza.
Il giuggiolo (Ziziphus jujuba), chiamato anche dattero cinese, è un alberello spinoso delle Rhamnaceae diffuso in tutto il bacino mediterraneo fino al Reno, in Germania. Non supera 10 metri di altezza e il verde luminoso delle foglie, i frutti ricchi di sostanze nutritive e la bellezza del legno lo rendono una pianta ornamentale, alimentare e medicniale, adatta ai giardini mediterranei. La corteccia del fusto e dei rami è marrone grigia, nodosa, il legno è rosso e ricercato dagli scultori per la sua durezza. Alla base delle foglie alterne si nascondo delle spine che parlano della connessione con le forze di luce.
Il giuggiolo fiorisce tardi, a luglio. I frutti, drupe ovali marroni maculate di verde, hanno la polpa bianca e grossi semi. Hanno un gusto fresco, dolce che ricorda le noci. In commercio si trovano soprattutto due tipi di giuggiole: a forma di oliva, allungata e a forma di piccola mela. Diversamente da molti alberi fruttiferi, cresce lentamente e fruttifica solo nei luoghi sufficientemente caldi. Sopravvive in terreni difficili, rocciosi, poco fertili grazie a profonde radici, e resiste a temperature fino a – 15°.
Nelle campagne italiane molti giardini hanno ancora un giuggiolo nell’angolo del frutteto o sui terrazzamenti, tra fichi e melograni. In passato veniva piantato nei pressi delle pievi e dei conventi.
E’ originario della Cina, dove viene ancora coltivato per l’abbondanza dei frutti e la longevità. Non si ammala facilmente e non teme parassiti (tranne la “mosca del giuggiolo”). Richiede pochi interventi colturali. Per ottenere un buon raccolto, a fine inverno,si smuove il terreno intorno all’albero, si interra del composto maturo, e si annaffia di tanto in tanto nella stagione calda, da luglio a settembre.
Le giuggiole assorbono il caldo dell’estate e vengono raccolte in ottobre. Con l’essiccazione diventano molto dolci e si mantengono per alcuni mesi. Contengono saponine (jujuboside), acido malico, carotene, vitamine del gruppo C (contenuto elevato) e B, composti cumarinici, minerali, zucchero, mucillagini, steroli, aminoacidi.
Nella medicina cinese la giuggiola è “calda” e “dolce” e rafforza lo stomaco e la milza. Non deve essere consumata in caso di infiammazioni allo stomaco, infezioni acute. Recenti studi confermano l’azione protettiva sul fegato dell’estratto secco di giuggiole. Sia dai semi (migliora la concentrazione e la memoria), sia dalle gemme (rilassante del sistema neurovegetativo) si ottiene il macerato glicerico o gemmoderivato.
Diventa autunno – Im Herbst …
FRUITS: bitter, sweet and… poisonous!
Yesterday we found many wild fruits all over the landscape of Monte Catria (Marche/Umbria). Sweet brambles, (still) bitter slows, even quinces. And then we saw for the first time a sort of cultivation (but it wan’t of couse) of a very poisonous pant with shiny red berries: Solanum dulcamara, Bittersweet Nighshade – never taste them! Dulcamara is an important homoepathic remedy for skin diseases for example after getting cold and humid. An interessant aspect is that the plant is one of the few endemic Solanaceae in Europe.
Before we left the Artino river, we built a little sculpture with seeds and dry herbs and the beautiful pink chalk stones, just to say “thank you Nature” for your precios fruits and this fertile and warm summer.
“Nullus locus sine genio est!”
Indagare sull’insieme di un paesaggio: genius loci
“Nullus locus sine genio est!” (Nessun luogo è senza un Genio) sostiene Servio Mario Onorato (IV sec. d.C.) nei Commenti all’Eneide di Virgilio. Nell’antica religione romana il genius loci era un’entità soprannaturale che governa il luogo che si imprimeva sul suo aspetto e sull’agire dei suoi abitanti. Oggi, nel linguaggio dei paesaggisti, architetti ed artisti il “genius loci” è un concetto che riassume il carattere tipico di un luogo, la sua essenza con le particolari atmosfere, l’architettura e le tradizioni ma anche le relazioni che intercorrono tra uomo, mondo animale, piante e terra.
Il paesaggio (e il suo “genius loci”) influenza tutti gli esseri viventi che vi abitano. Se desideriamo conoscere meglio delle piante a scopo erboristico, secondo la mia esperienza, è necessario partire dall’idea dell’insieme nel paesaggio. Come abbiamo detto: un paesaggio (una pianta medicinale) non è la somma dei suoi componenti ma rappresenta un’unico insieme.
Invece di fermarci alla sola conoscenza tecnica e botanica, proviamo a scoprire anche le particolarità delle piante officinali, magari in un certo luogo o periodo, guardiamo alla loro relazione con altre piante o altri esseri, al legame con l’uomo, anche dal punto di vista storico.
In questo modo possiamo iniziare a comprendere la vocazione di un paesaggio e di certe specie di nostro interesse, vocazione che può manifestarsi nella vita come azione terapeutica.