Di origine siciliana subì il martirio per professare la religione cristiana ed è una delle Sante ben note e amate in Italia e nei paesi scandinavi. Un tempo era il giorno dei doni, non il Natale come lo si festeggia oggi il 25 dicembre.
Dalle mie indagini il Ritmo dell’Anno è segnato tuttavia da altre piccole festività poco conosciute, praticate dalle tradizioni antiche e ormai dimenticate. Sono giorni di Sante e Santi legati al percorso che conduce dentro l’anima, negli abissi che si aprono attraverso le emozioni, l’offuscamento dello spirito e la non curanza del corpo. Queste figure guidano con la loro storia incarnata verso la luce della trasformazione e la salute integrale.
Lucia, al nord è raffigurata con una corona di lumi accesi con cui si recava nelle catacombe e aiutava i suoi compagni. E’ l’immagine della donna che medita, che percorre un sentiero iniziatico profondo e trasforma la sua interiorità tramite un pensiero puro e luminoso, con coraggio e determinazione.
Lei vede il suo obiettivo davanti, è festeggiata nel periodo del Sagittario che con arco e freccia tenta di superare ciò che la parte istintiva può rendere pesante, impulsiva e egoista.
Auguro a noi di seguire l’esempio di Lucia e di recarci, non solo in inverno, dentro di noi con in mano una candela accesa, quella del pensiero chiaro, dell’anima compassionevole e del corpo come tempio.
Foto KarinMecozzi Chiesa di S. Maria a Laverino di Fiuminata MC, che consiglio! https://www.iluoghidelsilenzio.it/pieve-di-santa-maria…/
Il Calendario dell’Avvento erboristico, un’idea per avvicinarti al mondo delle piante medicinali insieme all’erborista. Pubblicherò brevissimi “quadretti dell’Avvento” che ti guidano verso una pianta, un aroma, un estratto particolare, con appunti, notizie botaniche, riflessioni, alchimie e preparazioni nel ritmo del mese. Per giungere al Santo Natale con il cuore pieno di erbe! ……………….partiamo!
Sabato 21 dicembre 2024 Pino domestico (Pinus pinea)
La parola “pino” proviene dal sanscritto “pittu” che significa “resinoso”: gli alberi appartenenti alla famiglia delle Pinaceae trasudano resine balsamiche e oli essenziali dalle foglie, dal legno e dai coni, terapeutiche in inverno per l’apparato respiratorio. Il pino domestico, detto anche Pino d’Italia, è caratterizzato dalla meravigliosa chioma verde che si apre ad ombrello sul fusto e i possenti rami. È una pianta eliofila, ossia ama i luoghi esposti al vento, cresce bene anche nei terreni salati vicino al mare. Il pino domestico è una ben nota pianta araldica e si trova raffigurata sui papiri egizi come simbolo ed emblema di famiglie nobili in Grecia e nell’impero romano. L’ampia chioma raffigura l’animo nobile del casato: ogni membro è tenuto a proteggere propri sudditi come la chioma della conifera. I pinoli, semi oleosi color crema e ricchi di sostanze nutritive e salutari, sono diventati costosi perché le piante coltivate vengono aggredite da un parassita. Rappresentano un ingrediente fondamentale nelle salse mediterranee come il pesto genovese o le insalate crude con agrumi e finocchi. Le fronde del pino domestico possono essere raccolte tutto l’anno come droga erboristica per infusi, bagni e suffumigi, fresche o essiccate.
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Venerdì 19 dicembre 2024 Gli ELLEBORI (Helleborus spp.)
Quando la natura sembra dormire sotto la morsa del freddo invernale compaiono i fiori bianchi o verdi degli ellebori (Helleborus spp.), piante erbacee perenni delle Ranuncolaceae che crescono nei boschi. Nell’antica lingua semitica “helibar” significa “antidoto contro la pazzia”, la radice veniva adoperata come amuleto per difendersi dalle malattie contagiose e dagli spiriti maligni. I pastori dei monti abruzzesi inserivano pezzetti di radici nelle orecchie delle pecore contro le otiti contagiose. Conosciamo diverse specie e sottospecie di elleboro, per esempio l’elleboro nero (con i fiori bianchi come la luna), quello fetido e quello verde, specie spontanee in Appennino all’ombra di carpini, faggi e querce. L’elleboro nero è chiamato anche “Fior di neve” e preferisce le latitudini settentrionali. Ogni parte dell’elleboro è tossica e si sconsiglia vivamente di raccoglierlo, anche solo a scopo ornamentale. Grazie al metodo della diluizione omeopatica si utilizzano gli estratti nella cura delle psicosi, nei traumi da colpo apoplettico, nella meningite e nella nefrite. Nell’osservazione della natura, gli ellebori rappresentano la soglia tra l’anno vecchio e l’inverno e un nuovo ciclo e nel loro apparire sprigionano una forza prorompente, affascinante, che porterà a una rinascita in primavera.
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Giovedì 19 dicembre 2024 ARANCIO AMARO (Citrus x aurantium)
L’arancio amaro (Citrus x aurantium) o melangolo della famiglia delle Rutaceae è una bella pianta arborea sempreverde, amante dei climi mediterranei. I fiori si aprono bianchissimi, mentre i frutti tondi, leggermente schiacciati sono color arancio carico e hanno la buccia spessa. Si distinguono per il sapore amaro, non molto gradevole. I fiori sono famosi nell’alta profumeria e vengono distillati in “corrente di vapore” per ottenere l’essenza di zagara che si trova in commercio come “olio essenziale di neroli”, un olio essenziale costoso e profumatissimo, utilizzato in aromaterapia nella depressione e nelle sindromi posttraumatiche. Altro olio essenziale estratto dall’arancio amaro è il frizzante petit grain, ricavato dalle foglie e dai giovani rami. Diluito in olio di mandorle ed applicato su cosce e glutei aiuta a ridurre la ritenzione idrica e a rassodare i tessuti. Un sottoprodotto della distillazione è l’acqua di arancio amaro, il cosiddetto “idrolato”, dalla tipica fragranza fruttata e aromatica. Si spruzza su viso e collo come tonico, dopo un’accurata pulizia. E’ ideale per la pelle mista e grassa. Combatte l’acne dei giovani, attenua l’arrossamento delle pelli sensibili e dona un gradevole senso di freschezza. Un’accortezza con gli oli essenziali della famiglia degli agrumi: non usarli prima di esporti alla diretta luce del sole, potrebbero causare delle macchie sulla pelle.
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Mercoledì 18.12.2024 ORIGANO (Origanum vulgare)
L’origano (Origanum vulgare, Lamiaceae) è una pianta aromatica perenne diffusa in tutto il mediterraneo. Contiene oli essenziali in quantità elevate e ha ottime proprietà disinfettanti. In aromaterapia, l’origano spagnolo è considerato uno degli antibiotici naturali più potenti. L’olio essenziale a dosi non ragionate è irritante e non indicato per uso interno. Anche esternamente è da usare con parsimonia. Foglie e fiori di origano sono indicati nella cura della tosse, nei suffumigi e come tisana. L’infuso di origano è stimolante e riscaldante ed è adatto nei momenti di stanchezza e nell’influenza, insieme al timo (Thymus vulgaris) e la santoreggia (Satureia montana). In cucina si usano fiori e foglie dall’aroma tipicamente mediterraneo. In campagna troviamo la specie spontanea, dall’aroma più delicato e i fiori rosa, un’erba amata dalle api e indicatrice di terreni asciutti. Se acquisti l’origano essiccato per condire fai attenzione al metodo di coltivazione dell’erba. Se non proviene da agricoltura biologica o biodinamica può contenere tracce di pesticidi e metalli pesanti! Questo vale, come ben sappiamo, per tutte le erbe aromatiche confezionate. Prova a coltivare l’origano sul davanzale per averlo sempre a portata di mano. Occorrono l’esposizione giusta (a sud, in pieno sole), del terriccio leggero e poche annaffiature. Crea un angolino di aromi anche in giardino e inserisci cespi di origano vicino a maggiorana, salvia e rosmarino, in posizione assolata. Avrai mazzi di erbe per aromatizzare tutto l’anno, per infusi e mazzetti da regalare.
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Martedì 17 dicembre 2024 Vite (Vitis vinifera)
La vite (Vitis vinifera, Vitaceae) è una delle più antiche piante alimentari e sacre allo stesso tempo. Proviene dai paesi medio-orientiali. Da sempre coltivata per produrre il vino, la vite ha bisogno di molto sole, di calore e luce. La pianta rispecchia le forze del suolo e del paesaggio e porta le forze della germinazione fin dentro al frutto. Nella buccia si formano lieviti che portano alla fermentazione e alla produzione di alcol, mentre le foglie contengono una notevole quantità di carboidrati. I diversi estratti di vite hanno qualità terapeutiche preziose per la nostra salute. Il succo fresco degli acini è digeribile e nutriente. È indicato per bambini anemici e nell’alimentazione degli anziani. A donne che soffrono di mestruazioni troppo abbondanti e di disturbi alla circolazione degli arti inferiori si consigliano cure periodiche con la tisana a base di foglie essiccate di vite: per mezzo litro di tisana 2 cucchiai di foglie essiccate triturate con l’aggiunta di 2 cucchiai di succo d’uva fresco non pastorizzato da bere durante la giornata. In autunno, per alleggerirsi e preparare l’organismo alla stagione buia si consumano fino a tre grappoli d’uva al giorno lontano dai pasti. È preferibile scegliere l’uva nera che contiene sostanze protettrici dei capillari, le antocianine. In medicina antroposofica le foglie di vite essiccate vengono combinate con le foglie di una rosacea, la fragola (Fragaria vitis), in un rimedio erboristico che sostiene l’attività del fegato e la circolazione.
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Lunedì 16 dicembre 2024 BUCANEVE (Galanthus nivalis)
Il nome botanico del bucaneve, Galanthus, viene dal greco antico “gala” latte e “anthos” fiore e ben descrive le sue candide corolle nel paesaggio invernale, in parchi e giardini. Spunta veloce con i primi tepori dopo il solstizio invernale e nasconde un’autentica sorpresa: il bulbo riesce a “riscaldare” il terreno intorno a sé anche sotto la neve. In questo modo riesce a sopravvivere agli inverni più freddi e rinasce appena il clima diventa più mite. Nell’Inghilterra vittoriana porgere un mazzo di bucaneve a una signora era segno di ammirazione profonda. Nel linguaggio dei fiori odierno regaliamo i fiori del Galanthus nivalis alla persona cara che sta affrontando una nuova situazione di vita. Il bucaneve, anche come essenza floreale, è l’augurio di un buon inizio! Dai fiori penduli si estrae un’essenza profumata tramite solventi. Diluita in un olio vettore sprigiona una fragranza calda e piena adatta a chi sente freddo nel cuore e ha bisogno di conforto. Il bucaneve è tossico e non va ingerito come fiore in nessun modo. Eppure, come ogni pianta velenosa, è anche terapeutico: secondo recenti ricerche un alcaloide del bucaneve agisce sulla connessione tra muscolo e nervo. La stessa sostanza sarebbe attiva contro la malattia di Alzheimer. Non è una pianta da raccogliere e trasformare a scopo erboristico familiare, inoltre le specie spontanee del bucaneve sono a rischio di estinzione in molte regioni italiane. Osserviamole, ammiriamo come illuminano il sottobosco senza raccoglierne i fiori o estrarre i bulbi. Coltiviamo un aiuola di bucaneve in giardino, in un angolo ombroso a avremo una presenza fiorita che ben segnala il risveglio delle forze nelle piante – e in noi.
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Domenica 15 dicembre 2024 Terza Domenica d’Avvento Ylang ylang, il fiore dei fiori
Cananga odorata è il nome botanico dell’albero di Ylang ylang, una pianta tropicale che forma fiori appariscenti e grandi foglie. In lingua malaysiana Ylang ylang significa “fiore dei fiori”. Le corolle sono ampie, morbide, color crema e hanno una caratteristica singolare: emanano profumo quando la pianta viene curata dall’uomo. Dai fiori raccolti all’alba si distilla l’olio essenziale quasi trasparente, dal profumo caldo e avvolgente. E’ una fragranza pregiata, usata spesso in cosmesi per la cura del corpo e dei capelli. L’aromaterapia consiglia dei massaggi con l’olio di Ylang ylang per rilassare il corpo e la mente, distogliere dalle preoccupazioni quotidiane e favorire un’atmosfera di intimità e calore. Secondo una credenza dell’Asia profumare la carta da lettere con qualche goccia di olio essenziale di ylang ylang convincerà l’amata o l’amato a concedersi. L’azione cicatrizzante su piaghe aperte è meno nota. Abbiamo visto guarire un’ulcerazione cronica grazie al trattamento con calendula, elicriso e Ylang ylang. L’Ylang ylang non stanca mani nelle fragranze autoprodotte, basta una minima dose in miscelazione con altre essenze per conferire alle nostre creme per il viso o burri un effetto benefico profondo per corpo e anima.
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Sabato 14 dicembre 2024 Tussilagine (Tussilago farfara)
Nei primi giorni più miti dell’anno, poco dopo la Candelora (2 febbraio), la natura sembra ancora dormiente. Eppure, sui cigli dei fossi e lungo i torrenti lo sguardo è attirato da piccoli, audaci fiori color giallo vivo. Sono i capolini della tussilagine (Tussilago farfara L.) della grande famiglia delle Asteraceae, nota anche come farfara, pianta ruderale perenne della famiglia delle Asteraceae. Le foglie dalla tipica forma esagonale spuntano solo dopo la fioritura. Nell’erboristeria tradizionale si raccolgono e si essiccano fiori e foglie per tisane, sciroppi e tinture. Calmano la tosse, leniscono le mucose irritate dell’apparato respiratorio, aiutano la guarigione in una lunga malattia infiammatoria. Un tempo si fumavano le foglie essiccate per facilitare il respiro. L’uso terapeutico della tussilagine ha origini antiche, oggi sono state riscontrate sostanze epatotossiche, chiedi al tuo erborista di fiducia come e quando usarla sapientemente. Per via esterna le foglie fresche di tussilagine vengono contuse e applicate come cataplasma sugli eritemi. Il decotto serve a distendere la pelle del viso e del collo e per lenire l’orticaria. La pianta ha un forte collegamento con lo zolfo, è depurativa e agisce dall’interno verso l’esterno aiutando l’organismo in primavera ad “depurare il sangue” e renderci più leggeri. Per questo la tussilagine con i suoi piccoli soli gialli popola dirupi, pendii argillosi e rocciosi e letti dei fiumi, è una trasformatrice del mondo minerale e terrestre con l’aiuto dell’acqua e del primo calore primaverile.
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Venerdì 13 dicembre 2024 Santa Lucia Il LICHENE ISLANDICO
Come molti altri licheni, il lichene islandico (Cetraria islandica) possiede virtù antibiotiche e ricostituenti. I popoli del Nordeuropa lo usano da sempre per curare ferite, malattie infettive e come alimento energetico. Applicavano impacchi di lichene per guarire le piaghe dei cavalli. Il lichene islandico incuriosisce per le sue forme bizzarre, contiene sostanze potenti che gli permettono di vivere sulla nuda roccia granitica e suoli acidi. L’acido usnico è il principio attivo antibiotico della pianta. Il lichene islandico contiene il 50% di mucillagini che, con un’azione lenitiva, fluidificano la tosse, leniscono il mal di gola e rafforzano bronchi e polmoni. Per un infuso da bere tutto il giorno in caso di tosse si versano 500 ml di acqua fredda su 5g di lichene spezzettato. Dopo due ore si riscalda fino a 70 gradi, si filtra si aggiunge del miele buon mescolando bene. Il macerato di lichene islandico e miele a cucchiaini nell’arco della giornata, dona energia all’intero organismo. La pianta è ottima nella gastrite, dolorosa e spesso cronica infiammazione della mucosa gastrica. Sempre i polisaccaridi del lichene aiutano lo stomaco infiammato, calmano i dolori e migliorano la digestione stimolando allo stesso tempo il sistema immunitario, importante per combattere lo stato infiammatorio. Lo sciroppo di lichene è in vendita nelle migliori erboristerie, un rimedio tradizionale per tutta la famiglia in inverno.
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Gioved’ 12 dicembre 2024 L’EDERA TERRESTRE (Glechoma hederacea)
L’edera terrestre (Glechoma hederacea L.) non è parente dell’edera comune, la ben nota rampicante sempreverde che ricopre tronchi e edifici. E’ una piccola pianta strisciante dai fusti quadrangolari e le foglie cuoriformi profumate che contengono minuscole ghiandole oleifere che si rompono quando si sfregano. I fiori viola-azzurri attraggono api e bombi, ricchi di nettare. Com’è tipico per la grande famiglia delle Lamiaceae (già Labiatae), i petali delle corolle sono saldate alla base e si aprono in un piccolo tubo con due labbri violacei. L’edera terrestre è un’antica pianta magica delle zone montane e collinari. Si raccoglieva nella notte di San Giovanni (24 giugno) e si aggiungeva ai filtri d’amore. Le ghirlande di pianta fresca adornavano il bestiame che andava all’alpeggio, come protezione contro gli spiritelli dispettosi. Fiori e foglie sono ricchi di principi attivi e sostanze aromatiche, hanno un gusto gradevole e rinfrescante. Si prelevano freschi alla mattina presto e si aggiungono all’insalata di misticanze, alla ricotta fresca o alla macedonia, insieme a melissa e menta. L’edera terrestre fa parte della zuppa di erbe e farro consigliata dalla badessa Santa Ildegarda da Bingen per rinfrescare il fegato in primavera, depurare il sangue e rendere gli occhi luminosi. L’infuso della parte aerea è indicato nell’influenza con forte mal di gola, per sciacqui al cavo orale, gengiviti e afte. Per il gusto delicato e aromatico, i fiori sono ottimi in infusione fredda nell’acqua di fonte, per dissetare nelle camminate in estate.
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Mercoledì 11 dicembre 2024 Il BIANCOSPINO
Una leggenda racconta che quando venne il momento per Merlino, il sommo druido dei Celti, di abbandonare il corpo fisico, gli Dei vollero che avesse un involucro eterno. Scelsero per lui la pianta di biancospino, simbolo del cuore saggio e pulsante che il sacerdote aveva dimostrato nella sua lunga vita. Il biancospino (Crataegus spp.), arbusto o alberello, spontaneo nelle zone collinari e montane nelle sue diverse specie, è stato piantato per secoli se non millenni nelle siepi dei pascoli, spinoso ma ricco di frutti per quell’equilibrio che si creava tra animali, piante, cosmo e montagne nella transumanza. Il legno è resistente, le foglie sono finemente dentate e tomentose sul lato inferiore. A marzo e aprile si schiudono i fiori candidi dal profumo di mandorle amare che segnano il contenuto di principi cianogenetici. I frutti sferici di un rosso scarlatto vivo sono eduli e ritenuti nell’erboristeria tradizionale fortificanti e ricostituenti. Mia nonna Ernestine usava da bambina, all’inizio del novecento, la polvere di frutti di biancospino come aggiunta alla preziosa farina per il pane. Si metteva anche nelle creme di avena per i bambini e gli anziani e si preparava lo sciroppo. Il biancospino è un rimedio cardinale nella fitoterapia classica e tradizionale indicato per il cuore e la circolazione, sintomi d’ansia e difficoltà a riposare. Estratti ponderali e omeopatici di biancospino vengono consigliati nell’insufficienza cardiaca, per curare aritmie funzionali e prevenire l’arteriosclerosi. L’infuso di fiori e foglie (5 g per 100 ml di acqua) della pianta di Merlino aiuta a regolarizzare la pressione e porta armonia nella sfera emotiva quando si è turbati, per esempio insieme a tiglio, passiflora, melissa e fiori d’arancio.
Foto: Biancospino di montagna di Sara Crispiciani, Appennino alto-maceratese
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Lunedì 9 dicembre 2024 SAMBUCO (Sambucus nigra)
Nelle immediate vicinanze dei poderi in campagna, soprattutto nell’Italia collinare, si notano grandi arbusti di sambuco. Un tempo si piantavano per proteggere dal fulmine e dagli influssi malvagi. Amano le vene d’acqua sotterranee e i cumuli di letame, quindi l’azoto. Una siepe di sambuchi è rigogliosa, dà ombra agli animali di corte e ciba insetti ed api. Attenzione, il sambuco nero (Sambucus nigra, Fam. Viburnaceae) non è da confondere con l’ebbio (Sambucus ebulus), più piccolo e velenoso. Il legno del sambuco è leggero e cavo, i lunghi rami si aprono a fontana con le foglie verdi scure. L’erborista prepara un unguento disinfettante e analgesico per le punture d’insetto e piccole ferite con le foglie fresche estratte in olio o grasso e la cera d’api. Le foglie, le parti verdi e i frutti crudi contengono principi tossici, ma i fiori aperti, grandi coppe color crema, sono apprezzati da grandi e piccini come rimedio e in cucina. Si raccolgono da aprile a maggio, si friggono e si spolverizzano con lo zucchero a velo, una specialità! I fiori sono febbrifughi, sudoriferi, diuretici, l’infuso con i fiori essiccati è un buon rimedio contro gli spasmi mestruali. I frutti neri contengono un particolare fitocomplesso utile nell’influenza, la tintura madre non dovrebbero mai mancare nella farmacia erboristica domestica. Con i frutti si preparano anche un succo dal colore scurissimo, molto gustoso, e la composta. Il sambuco è un esempio perfetto di quanto l’erboristeria sia alimentare e terapeutica allo stesso tempo, un rimedio è sempre nutrimento e viceversa.
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Domenica 8 dicembre 2024
SECONDA DOMENICA D’AVVENTOSTELLA ALPINA (Leontopodium alpinum)
Camminando in alta montagna, nelle Alpi ed anche negli Appennini si scorgono, aggrappati alle rocce impervie, piccoli cespi di piante fiorite. I capolini bianchi e vellutati hanno la forma di una stella. Dorati al centro, hanno un aroma quasi impercettibile e foglie basali ricoperte di finissima peluria. La stella alpina è una specie rara e protetta in tutta Europa, appartiene alla famiglia delle Asteraceae. Negli ultimi anni la ricerca cosmetica ha studiato diversi tipi di estratti di stella alpina dimostrandone l’efficacia nell’applicazione esterna. Ha confermato la sua azione protettiva e rigenerante per la pelle esposta alle intemperie, accertando la presenza di sostanze astringenti, antiinfiammatorie e antiossidanti contenute nei fiori e nelle foglie. Possiamo dire che la piccola stella è un’importante alleata contro i segni del tempo ma anche contro l’acne e l’impurità della cute ad ogni età. Estratti vengono aggiunti a creme e sieri, in combinazione con l’elicriso, la calendula o l’arnica. In erboristeria tradizionale è nota come rimedio per malattie della pelle, otiti, infiammazioni oculari, polmoniti e disturbi digestivi. L’indagine goethiana antroposofica mette a fuoco la connessione tra habitat della pianta e la tendenza alla sclerosi degli organi di senso nell’anzianità. (Foto Stella alpina Mario Di Matteo)
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Sabato 7 dicembre 2024 FRAGOLINA DI BOSCO
La fragola di bosco (Fragaria vesca L.) era già nota ai romani per il suo profumo e il sapore dolce. Appartiene alla famiglia delle Rosaceae e cresce spontaneamente fino a 2000 metri di altitudine. In primavera si aprono i candidi fiori a cinque petali, mentre a giugno maturano i frutti, acheni neri che notiamo sul ricettacolo carnoso. La fragola è erroneamente considerata un “frutto”. Con la sua forma a cuore e il dolce profumo e sapore, fin dal medioevo era considerata simbolo d’amore. Il poeta inglese William Shakespeare considerava le fragoline di bosco “cibo delle fate” e Luigi XIV le fece piantare nei giardini di Versailles per servirle fresche durante i suoi famigerati banchetti amorosi. In erboristeria è una pianta medicinale e cosmetica: con le foglie essiccate si ottiene un ottimo infuso depurativo e astringente, ad uso esterno sono anche emostatiche. Foglie e fiorellini freschi sono ottimi nelle insalate primaverili, mentre la polpa della fragola allevia le ustioni dovute a un’eccessiva esposizione solare e idrata la pelle rendendola tonica e liscia. Una bella coppa di fragole favorisce l’incontro amoroso: servile con panna montata o succo fresco di limone o anche del buon cognac. Le fragole in vendita in inverno, invece, provengono dalle serre e ricevono trattamenti di sintesi e concimi. E’ meglio aspettare la primavera inoltrata per gustarle, ricche di sole e luce. Nella visiona energetica la fragola raffredda, è acida e indicata per temperamenti collerici, mentre le foglie sostengono valorosamente il fegato nei periodi di cambio stagione.
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Venerdì 6 dicembre 2024 Ginepro (Juniperus communis)
L’inverno tiene il suo ingresso con la notte di Sant’Andrea, dal 29 al 30 novembre. Per i Celti e le popolazioni che hanno forgiato l’Italia dall’antichità al medioevo insieme ai popoli mediterranei, il freddo che “entra nelle ossa” veniva allontanato bruciando piante per fumigare le abitazioni, con unguenti balsamici a base di grassi e erbe pestate, con impacchi e cataplasmi e bagni aromatici. Una pianta medicinale fondamentale nelle cure tradizionali è il ginepro (Juniperus communis), albero sacro dalla crescita lenta e dal bel legno resistente. La conifera è una coraggiosa pianta pioniera che in montagna ripopola prati e pascoli abbandonati. Le foglie aghiformi e i frutti, le “galbule” blu scure hanno proprietà riscaldanti, diuretiche ed antiinfiammatorie. Anche il duro legno è impregnato dal tipico profumo resinoso. L’olio essenziale di ginepro è utilizzato nella produzione di liquori ( – gin! – ) e amari, di sciroppi contro la tosse e in miscele balsamiche che purificano l’ambiente. L’olio essenziale è atossico ma può risultare irritante per la pelle e le vie respiratorie se usato in eccesso. E’ importante acquistare dell’olio essenziale di prima qualità per non incorrere al rischio di residui di sintesi e contraffazioni. Poco noto in Italia è un rimedio da applicare sui muscoli affaticati e le articolazioni dolenti, per esempio dopo una giornata sugli sci o una lunga camminata. Mio nonno Albert lo massaggiava sulle braccia quando faceva la legna per l’inverno. Ecco la ricetta: in una bottiglietta di vetro scuro unisci 50 gocce di o.e. di ginepro, 10 gocce di alloro, 10 di limone e 30 di rosmarino a 100 ml di oleolito di arnica e 100 ml di oleolito di iperico. Scuoti per tre minuti. Applica l’olio composto prima e dopo il movimento o dopo un bel pediluvio caldo se sei stata molto in piedi. Stendilo sul petto parsimoniosamente ogni volta che vuoi proteggere i bronchi con del calore balsamico. (foto wikipedia/IvarLeidus)
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Giovedì 5 dicembre 2024 TAGETE (Tagetes spp.)
Il tagete fa parte della grande famiglia delle Asteraceae ed è originario del Messico. Le 50 specie diffuse in tutto il mondo vengono usate come piante ornamentali, medicinali e aromatiche. Il nome botanico deriva da “Tages”, la divinità etrusca che apparve ad un agricoltore uscendo da una zolla di terra. Egli insegnava l’arte dell’aruspicina, l’esame del fegato (!) e delle viscere a scopo oracolare. La pianta ha foglie lucide e pennate dall’odore aromatico e fiori a capolino. Coltivata nell’orto, tra le file di verdure, allontana i nematodi e può essere usata in tisana concentrata come antifungino e contro l’oidio. I fiori sono ricchi di luteina, un carotenoide utilizzato in cosmesi e per tingere di giallo i tessuti naturali. La luteina è preziosa per la vista, esalta l’acutezza visiva diurna e protegge contro l’abbagliamento delle luci notturne migliorando l’adattamento al buio. Per sostenere la tua forza visiva prepara un infuso a bassa temperatura (scalda l’acqua non oltre 70 gradi) con la miscela dei seguenti fiori essiccati: Tagetes patula, Helichrysum italicum, Cyanus segetum, Calendula officinalis, lascia in infusione per 20 minuti e filtra. L’infuso ha inoltre effetti benefici sulla nostra ghiandola più grande, il fegato, che nella medicina tradizionale è collegato alla vista.
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Mercoledì 4 dicembre 2024 BERGAMOTTO (Citrus × bergamia)
Dai frutti immaturi dell’albero di bergamotto (Citrus x bergamia (Risso) Risso & Poit., Fam. Rutaceae) si ottiene un olio essenziale color verde smeraldo. È un’essenza leggera, solare e frizzante, molto amata in profumeria e aromaterapia: in casa, in inverno, si usa nel diffusore per creare un’atmosfera “estiva”, ricolma di luce e aria, come le giornate limpide di giugno. È ben nota la sua efficacia nelle depressioni e nelle tossicodipendenze. In combinazione con tecniche di concentrazione e rilassamento e della buona tintura di Avena sativa, il bergamotto è un ottimo aiuto per chi cerca di abbandonare il vizio del fumo! Si diluiscono 40 gocce di olio essenziale di bergamotto in 20 ml di olio di mandorle e si versano in un flaconcino roll-on. Si applica più volte al giorno sul polso e sul palmo della mano massaggiando in senso orario. L’olio essenziale viene assorbito attraverso la pelle e fa il suo effetto nella disassuefazione, mentre la parte che evapora aiuta a regolarizzare il sistema nervoso e allenta lo stato di tensione. L’unico avvertimento è di non usare l’olio essenziale di bergamotto sulla pelle se ci si espone alla luce diretta del sole perché è fotosensibilizzante.
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Martedì 3 dicembre 2024 PRUGNOLO (Prunus spinosa L.)
Prunus spinosa è il nome latino dell’arbusto del prugnolo, appartiene alla famiglia delle Rosaceae. Raccogliendo i frutti, drupe tonde e azzurre, prestiamo attenzione alle lunghe spine. Negli Appennini i prugnoli creano siepi inespugnabili, fitte barriere naturali create ai tempi delle transumanze. L’arbusto cresce lentamente e forma un legno resistente, in passato utilizzato per la sua durevolezza. A fine inverno è tra i primi a fiorire, le siepi fiorite, viste da lontano, paiono nuvole bianche nel paesaggio. I fiori hanno proprietà leggermente lassative e diuretiche. L’oleolito dei fiori, un estratto delicato in olio di mandorle, è un buon rimedio per la stitichezza dei bimbi, si massaggia sul pancino in senso orario mattina e sera. Le drupe blu dalla polpa aspra contengono polifenoli, flavonoidi e antociani e sono una risorsa se ami sostenerti in inverno con metodi naturali. Per estrarli prepara lo sciroppo di prugnolo ricostituentee antiossidante. Raccoglie le drupe dopo le prime gelate, metti a macerare per 24 ore in acqua di sorgente fredda, porta ad ebollizione e filtra. Aggiungi zucchero di canna bio (io uso solo il 50% e consumo velocemente la bottiglietta aperta) e spezie a piacere come la vaniglia, la scorza di limone o arancia, cannella o chiodi di garofano. Dopo qualche ora di infusione filtra ancora e imbottiglia lo sciroppo, sterilizza le bottigliette che si mantengono almeno un anno. Assaggialo nelle tisane, diluito con acqua calda e zenzero, versato sopra i budini, le creme e i dolci, ha un sapore pieno, fruttato e genuino.
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Lunedì 2 dicembre 2024 ANGELICA ARCANGELICA (Angelica archangelica L.)
La regina dei boschi si innalza fiera sul fusto purpureo e forma foglie triangolari e grandi fiori ad ombrella. E’ intrisa di oli essenziali, nutre insetti, ama la frescura e l’umidità della montagna. Secondo la leggenda fu portata sulla terra dagli angeli per sconfiggere la peste. Nel medioevo i monaci estraevano la radice profumata nel vino e nella grappa: lo “Chartreuse”, un noto digestivo proveniente proprio da Chartres, e il benefico composto “Spirito di melissa” contengono l’angelica. La pianta nel paesaggio illumina il buio, supera le forze terrestri. Il suo portamento esprime ordine, equilibrio. L’intera pianta ha proprietà carminative, antispastiche, riporta ordine nella zona addominale e pelvica, è vermifuga e immunostimolante. La radice è utile nell’influenza quando colpisce la sfera del capo e della pancia. Le proprietà dell’angelica si assorbono anche attraverso la pelle: si aggiungono 3 cucchiai di tintura madre e 5 gocce di olio essenziale di limone all’acqua del bagno per liberare la mente, rasserenare l’animo e rafforzare le difese naturali.
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Domenica 1 dicembre 2024 Il PUNGITOPO (Ruscus aculeatus L.., Fam. Asparagaceae)
Passeggiando per i boschi di latifoglie a fine novembre, inizio dicembre si notano bene: grandi e folti cespi color verde brillante come delle “isole” nel sottobosco: il rusco o pungitopo è una pianta perenne dai fusti eretti e minuscole foglie squamiformi. I fusti secondari hanno l’aspetto di foglie e si chiamano clatodi. Le rosse bacche formano sfere che si vedono da lontano nel bosco invernale. Sono tossiche! Il pungitopo ama i terreni temperati, calcarei. Un tempo si raccoglievano grandi fasci per fabbricare le scope e mazzi di piante con frutti per decorare le case nell’Avvento. Fai attenzione, la raccolta ad uso decorativo è vietata in molte regioni. La droga in erboristeria è costituita dal rizoma odoroso che contiene ruscogenine, resine e oli eterici, calcio e potassio. Estratto sapientemente, il pungitopo giova alla circolazione venosa degli arti inferiori e lenisce le emorroidi sotto forma di gel o pomata. Il pungitopo, infatti, è un’antica pianta officinale della tradizione mediterranea: Dioscoride, noto farmacista greco, lo menziona come rimedio per la gotta e come diuretico. Nella simbologia alchemica il pungitopo è governato da Marte e Saturno per le segnature di Fuoco e Terra. E’ una pianta ctonica, dove cresce potrebbe nascondersi un ingresso segreto al regno di Ade……
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Testi e foto (se non indicato diversamente): Karin Mecozzi Erborista. Disegni botanici dal web (Wikipedia). Nota: consigliati con l’erborista, il farmacista o il medico fitoterapeuta se vuoi usare le piante descritte a scopo terapeutico.
Come erborista raccoglitrice e coltivatrice, quasi non riesci a stare dietro all’abbondanza e la diversità di erbe, piante e aromi che la natura offre annualmente. Oltre a essere grata sento che è sempre più importante condividere i frutti, progetti e sperimentazioni, nonché l’arte erboristica per le comunità con la conoscenza necessaria in erboristeria e fitoterapia. Nel 2024 sono riuscita finalmente a completare un progetto a cui tenevo molto, la creazione delle Creme La Protettiva per il viso e La Vellutante per le mani con estratti di piante medicinali e aromatiche degli Appennini. In collaborazione con il laboratorio locale Evo.Co (MC) cosmetico abbiamo ottenuto formule delicate e ricche di principi attivi genuini, nutrienti e naturali. La Crema viso non contiene profumi per dare sempre meno spazio a fastidiose reazioni allergiche, si stende e si assorbe facilmente ed è adatta per il giorno e la notte. La crema mani sprigiona la fragranza delle erbe estive, tra cui il nostro elicriso spontaneo, la lavanda e oli preziosi che vanno in profondità per restituire tonicità e morbidezza alle mani.
E’ l’inizio di un bel percorso per me e tengo a condividerlo da subito: il primo lotto di creme è volutamente piccolino per avere i vostri feedback sui prodotti. Si assorbono bene? Nutrono? Soprattutto, notate come in pochi giorni di applicazione mani e viso, collo e decolletè assumono un aspetto vellutato e curato? In inverno il nutrimento della pelle è importante!
Per informazioni sulle Creme e altre preparazioni con le erbe dell’anno scrivetemi per mail: -> karin.mecozzi@gmail.com
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Secondo la tradizione, un olivo è come l’uomo:“Otto anni per diventare un alberello,trent’anni per completare la crescitae altri settanta per esprimere tutta la sua potenza!”
Tra le piante arboree fruttifere, l’olivo (Olea europea L.) conferisce un’impronta particolare ai paesaggi della penisola italiana, dalla Liguria alla Sicilia, dal lago di Garda alla Puglia. All’osservatore, l’immagine degli uliveti, degli alberi dalle chiome argentate mosse dal vento, trasmette pace e un senso per le cose eterne. Nei miti dei tempi antichi l’axis mundi, il pilastro del mondo, è rappresentato da un albero che unisce i tre piani della creazione, il cielo, la terra e gli inferi, e sorregge la volta celeste. Sotto la sua chioma sempreverde si incontrano le divinità per decidere le sorti del mondo. Per gli antichi popoli germanici, quell’albero era il frassino, l’Yggdrasil. Nella cultura islamica, invece, l’asse del mondo era costituita dall’olivo come portatore di luce e saggezza.
Entrambi gli alberi, il nordico frassino e l’olivo delle terre del sud, fanno parte della famiglia delle Oleaceae, a cui appartengono anche il ligustro, la forsizia, la fillirea, il lillà e il gelsomino. L’olivo segue dunque l’uomo dalla notte dei tempi. Proviene dall’Asia minore ed è coltivato in tutto il bacino mediterraneo. Predilige terreni calcarei, un clima mite senza grandi sbalzi. Teme le temperature inferiori ai -5°C, ama l’esposizione al sole e si accontenta anche di terreni sassosi e poveri.
L’albero nel corso dell’anno
Propagato soprattutto per via vegetativa, l’olivo si moltiplica sia per talea, sia da innesto su olivastro o oleastro, le specie selvatiche e spinose della macchia mediterranea. Il fusto giovane è eretto e liscio, ma col tempo si incurva e forma incrinature e nodi diventando grigio scuro, quasi nero. Laddove l’olivo lignifica, si esprime l’azione dell’indurimento e della mineralizzazione, ma la pianta esprime anche di essere perennemente permeata da impulsi vitali: dal tronco e dalle radici e dai rami spuntano annualmente giovani getti e polloni ad assicurare la sopravvivenza dell’albero. La pagina superiore delle foglie oblungo-lanceolate e opposte è verde scura e quella inferiore argentata. I fiori, le cosiddette mignole, compaiono in primavera. Osservandoli da vicino ricordano quelli del ligustro, della stessa famiglia. I fiori d’olivo non hanno quasi nettare, e la fecondazione è anemofila.
Da ottobre in poi maturano le olive, drupe nere e carnose. Vengono raccolte a mano o con mezzi meccanici e portate al frantoio per spremere il prezioso olio alimentare. Dai frutti perfettamente maturi e privi di lesioni si ottiene l’olio “extravergine” (acidità inferiore al 0,8%). Il colore dell’olio varia dal giallo oro al verde intenso e dipende dalla presenza o di carotene o di clorofilla. Le olive contengono acqua (50%), grassi (18-25%), proteine (1,6%) e carboidrati e cellulosa (20%). La parte grassa è composta da una frazione saponificabile del 98% (trigliceridi, digliceridi) e insaponificabile del 2% (acido oleico, linoleico e altri acidi grassi, fitosteroli, provitamina A, polifenoli e flavonoidi, squalene, terpeni).
L’olio di oliva contiene dunque molti grassi insaturi, è facilmente digeribile e adatto alla cottura, è di ottimo gusto e ricco di preziose sostanze. Ogni regione produce un olio d’oliva diverso, dal sapore delicato della Liguria, all’aroma fruttato della Toscana, al gusto pieno e solare della Calabria. Si spremono olive anche in Veneto, intorno al Lago di Garda, e in Trentino.
Secondo Wilhelm Pelikan, nell’olivo le più ancestrali forze di terra si sacrificano a favore dell’azione della luce e del calore. Quel che è duro, minerale e senza vita diventa fluido, si trasforma in nutrimento. L’albero accoglie forze eteriche dall’aria e dal sole, dal cosmo e dalle stelle per concentrarle e convogliarle nel liquido denso e dorato dell’olio, che possiamo adoperare ogni giorno con grande beneficio nell’alimentazione e nella cura del corpo.
L’olivo come pianta officinale
Dall’olivo non si estrae solo uno degli oli alimentari più pregiati del mondo. Nella storia l’uomo ha sempre utilizzato anche le foglie, la corteccia e perfino la radice per curare se stesso e gli animali domestici.
Foglie di olivo (Oleae europeae foliae)
Le foglie sempreverdi possono essere raccolte tutto l’anno. Ricche di sostanze amare (oleuropeina), iridoidi, flavonoidi e chinoni hanno un’azione comprovata sull’ipertensione e l’ipercolesterolemia, favoriscono la diuresi, sono antimicrobiche, antifungine, antiossidanti.
Un uso ormai dimenticato nelle affezioni influenzali è l’infuso delle foglie d’olivo (10 g in 100 ml di acqua bollente, a infusione lunga, 3 volte al giorno).
Dalle foglie si ottengono anche l’estratto secco, la tintura alcolica e il gemmoderivato. Queste preparazioni sono consigliate per abbassare la pressione sanguigna e la glicemia, prevenire malattie vascolari e migliorare l’assorbimento delle sostanze nutrienti. Tra i Fiori di Bach, “Olive”, il rimedio floreale ottenuto dai fiori di olivo, sostiene le persone in preda a un grave esaurimento psico-fisico.
La polvere di foglie d’olivo è un ingrediente di una polvere insettifuga e inodore per cani e gatti, per tenere pulita la cuccia e rendere lucido il pelo.
Olio d’oliva extravergine
“L’olio d’oliva e, nella sua varietà più comune e neutra, è moderatamente caldo e umido e tuttavia può divenire caldo e secco, freddo, mordace, astringente, ecc. a seconda delle varietà”
Per uso interno, è indicato soprattutto per curare la stipsi cronica (1 cucchiaio a stomaco vuoto prima di colazione), l’infiammazione delle mucose orali (sciacqui) e la gastrite (1 cucchiaino tre volte al giorno prima dei pasti). Si raccomanda sempre di usare olio ottenuto da olive coltivate con il metodo biologico o biodinamico. L’uso esterno dell’olio di oliva ha una lunga tradizione, sia nella cura del corpo, sia nel culto. La cosmesi naturale sta riscoprendo l’olio d’oliva come ingrediente di qualità per lozioni, creme, sieri e gel. L’intero fitocomplesso dell’olio di oliva e in particolare lo squalene lo rende indicato nella cura della pelle delicata, infiammata, screpolata. È un ottimo ricostituente dei capelli quando appaiono sfibrati e opachi dopo l’estate. Ogni due settimane si applica dell’olio di oliva caldo sui capelli e il cuoio capelluto e si lascia agire per almeno due ore.
Con l’olio di oliva si preparano infine i cosiddetti oleoliti, macerazioni oleose di piante medicinali come l’achillea, l’elicriso, l’iperico e la calendula che servono per massaggi, impacchi e preparazioni. Gli oleoliti sono la base dei cosiddetti unguenti, che sono pomate nutrienti e lenitive con oli e cere.
L’olivo caratterizza i paesaggi mediterranei dalla notte dei tempi. Con il suo tronco a volte contorto, pieno di aperture e fratture resiste egregiamente alle intemperie. Dopo una gelata la parte aerea soffre ma prontamente la pianta forma nuovi polloni che si dirigono eretti verso il cielo.
*Siediti ai piedi di un vecchio ulivo per provare la saggezza di una pianta coltivata dalle origini antiche e dalla linfa che scorre tenace per trasformarsi nei frutti in splendido, caloroso e nutriente olio.Scegli di immergerti nella sua chioma bevendo l’infuso di foglie quando senti il bisogno di dare aria, luminosità e fluidità al tuo organismo, ma anche resistenza ad avversità esterne e, soprattutto, più ritmo a tutta la circolazione.
Il Sole caratterizza come pianeti la pianta d’ulivo, Saturno nella sua longevità e Mercurio nella sua qualità riequilibrante. La sua “natura” per gli antichi era “calda e umida”.
“Così, tu che sei in grado di distinguere, dirai che l’olio non è ne caldo ne freddo, come nel caso di un uomo che sia in buon equilibrio.” (GALEN. XI 561 K)
Karin Mecozzi (tratto e ampliato da ARS HERBARIA, piante medicinali nel respiro dell’anno, 2a edizione aggiornata, 2019 Editrice Natura e Cultura.)
Alla fine dell’estate, la natura ci offre uno dei più misteriosi e potenti doni: i semi delle piante. I semi concentrano la luce, il calore, la vitalità di una specie e la forza di crescita di un’intera primavera e estate. Chiudono un anno vegetale e promettono nuova vita.
Strato dopo strato, il seme cresce nel germoglio del frutto, è legnoso o liscio, grande come una capocchia di spillo o un uovo, rotondo e liscio o gibboso, asimmetrico. Alcuni semi sono profumati se strofinati, altri contengono preziosi oli alimentari (oliva, mandorla, nocciola, mais, ecc.), cosmetici (avocado, noccioli di albicocca), medicinali (olivello spinoso, semi di borragine, cumino nero).
I semi sono l’espressione di ciò che è stato compiuto, che è stato arrotondato ma, allo stesso tempo, ospitano un nuovo germe.
In autunno si raccolgono i semi delle piante, si selezionano, si immagazzinano le scorte e si seminano i semi di cereali per il nuovo anno. Mentre le giornate si accorciano, le foglie e i fiori svaniscono e le erbe si seccano, innumerevoli semi rimangono nel terreno. Chi vive in campagna ha la fortuna di potersi adattare al cambiamento che avviene nelle persone e nella natura a novembre. Giorno dopo giorno, si nota come la vita sembra ritirarsi e le cose diventano più silenziose nella natura. Tra l’elemento Terra e Acqua, che governano questa stagione, l’organismo può dare segnali di disturbo. Può succedere, allora, che si diventa rapidamente stanchi, che la digestione rallenti e che le difese si abbassino. Non si è “malati” ma vale la pena di prestare attenzione ai segnali del corpo e dell’anima. Spesso è utile modificare l’alimentazione, fare più pause e dedicare un po’ di tempo alla contemplazione della natura per armonizzarsi con i ritmi cosmici e terrestri.
All’inizio dell’autunno, i semi delle piante medicinali sono un aiuto particolarmente prezioso. Rispetto agli altri semi di piante, sono caratterizzati da una grande resistenza: molti semi di piante medicinali devono essere messi a bagno, scarificati o congelati prima della semina per poter germogliare. I semi di piante ombrellifere come il cumino, il finocchio, il coriandolo, l’anice e il cumino nero contengono oli essenziali che aiutano a digerire, alleviano la flatulenza e le coliche intestinali e agiscono anche egregiamente sull’apparato respiratorio, calmando la tosse e il catarro.
In autunno si può preparare un infuso aromatico con i semi di varie piante: ha un effetto benefico sulla digestione e sulla respirazione, è generalmente tonificante e aumenta le difese dell’organismo:
Prepara una miscela di 20 g di semi di finocchio, 20 g di semi di anice, 10 g di galbuli di ginepro, 20 g di semi di rosa canina, 20 baccelli di cardamomo (leggermente aperti), grattugia sulla miscela 2 pizzichi di noce moscata, mescola bene e conserva la miscela in un contenitore di vetro ermetico per non più di 2 mesi, altrimenti gli oli essenziali evaporano. Per 2 tazze, contundi un cucchiaio di miscela in un mortaio e infondi in 400 ml di acqua bollente per 10 minuti. Addolcisci con miele di fiori e sorseggia lentamente, soprattutto a San Martino (11 novembre). Karin Mecozzi Erborista
Il testo è tratto dal mio articolo in tedesco nel periodico “Ernährungsrundbrief” a cura dell’Istituto di Ricerca e formazione Arbeitskreis für Ernährungsforschung, Bad Vilbel DE, che ringrazio.
Incontro ravvicinato con Satureja montana L., presumo si tratti della subspecie “appenninica”. Nel video che trovi sul mio canale (sperimentale!) youtube, parlo brevemente dei suoi poteri disinfettanti e aromatici in cucina. https://www.youtube.com/shorts/Yx1gOuO-j-w
La santoreggia è un’erba balsamica di prima scelta nelle malattie da raffreddamento, come tisana e per applicazioni esterne, tra cui i tradizionali suffumigi. Sacra alla Dea Athene per aumentare le facoltà di pensiero (schiarisce i pensieri, rende più desti) e dell’intelligenza. E’ una pianta tonificante, con una punta di Marte che spinge a superare dubbi e incertezze, debolezza e mancanza di calore.
L’elemento aria per i contenuti aromatici e l’innalzarsi ritmico della parte verde e l’elemento fuoco per i principi pungenti, riscaldanti e disseccanti nascondono un tocco lunare che osserviamo nella dolcezza del fiore, dal bianco al rosa violaceo, ricco di nettare per le api e nell’alto contenuto di clorofilla nelle foglie.
Perdue tazze di tisana fumante e balsamica versa 400 ml di acqua bollente su due cucchiai rasi di foglie e fiori essiccati di santoreggia, lascia in infusione per 6 minuti, filtra e dolcifica con del buon miele.
Un oleolito con la parte aerea raccolto in questo periodo conclude la stagione degli estratti grassi e completa l’erboteca famigliare per massaggiare il petto a grandi e piccoli in caso di raffreddore e tosse, articolazioni dolenti o muscoli affaticati e zone attaccate da malattie fungine come le unghie dei diti dei piedi. (Non usarlo su mucose interne, è irritante).
Come tutte le piante, la specie Vitis ha attraversato molti stadi evolutivi accompagnando fedelmente l’uomo e i suoi modi di vivere nella storia. La vite europea (Vitis vinifera) della famiglia delle Rosaceae giunge nell’area del Mediterraneo sulla via della seta e con i commercianti fenici. La vinificazione, la fermentazione del succo di uva, in antichità non era compito dei contadini ma di persone propriamente incaricate al servizio dei sacerdoti. Il vino serviva al culto: conosciamo le festività del dio Dioniso/Bacco, in cui il vino portava gli uomini a stati di estasi allentando le connessioni dei corpi.
Vitis vinifera è coltivata in tutto il mondo; si innestano le varietà su porta-innesti. In Italia, dal novecento, provengono dalla vite americana su cui si innestano varietà selezioniate, vinifere. Questo tipo di moltiplicazione causa gravi problemi e abbassa la vitalità delle piante di vite: il viticoltore oggi è alle prese con malattie virali e fungine, che stanno mettendo in ginocchio grandi zone di produzione. Anche in questo caso, l’agricoltura biodinamica e i suoi strumenti influiscono positivamente sulla vitalità del terreno e delle piante, migliorando allo stesso tempo le qualità gustative e aromatiche dei prodotti finali: del vino e del succo o dell’uva da tavola, ma anche delle foglie e delle gemme che si usano in erboristeria.
La vite come pianta alimentare, cosmetica e medicinale
Vitis vinifera si risveglia con un segno particolare, le “lacrime dell’uva”. E’ un liquido trasparente, vischioso e dolcissimo che indica che la pianta ha ripreso il periodo vegetativo. Per gli antichi era una sostanza altamente curativa e preziosa, la “Lacryma vitis”. Plinio Secondo (23-79 d.C.) la consiglia come rimedio per le malattie della pelle. Santa Ildegarda (1098 – 1179 d.C.) chiama quest’essenza “l’acqua più preziosa della terra” e la nomina nella cura dei disturbi agli occhi ma anche dell’udito e nel mal di testa.
La vite ha fiori poco appariscenti ma molto profumati che attirano il mondo degli insetti e gli impollinatori, indispensabili per la legatura e la formazione dei frutti, gli acini, in botanica bacche. Il frutto della vite, l’uva, è un potente remineralizzante (potassio e magnesio), contiene zuccheri nobili, flavonoidi (antociani), vitamine A, gruppo B, C. Il succo, oltre ad essere un’ottima bevanda, ha qualità curative nella spossatezza, nell’anemia e come regolatore della pressione sanguigna, inoltre in convalescenza. E’ un blando antiinfiammatorio nelle cistiti. Non è adatto a chi soffre di colite perché soprattutto la buccia degli acini può essere irritante. Il succo applicato esternamente è un disinfettante “pronto per l’uso” in campagna per piccole ferite e abrasioni. Mescolato con la ricotta e la farina d’avena dona lucentezza alla pelle del viso. L’uva essiccata – l’uva passa o sultanina – conserva un’importante parte delle proprietà nutritive ed è perfetta se combinata con noci, nocciole o mandorle. Dai semi d’uva si spreme l’olio di vinacciolo, che ha un ottimo sapore ed è ricco di polifenoli e acidi grassi polinsaturi. E’ indicato come alimento quotidiano, soprattutto a crudo, come l’olio di oliva, soprattutto se sussistono disturbi alla pelle (eczema, acne). Dai fiori di vite il Dr. Edward Bach otteneva un preparato per aiutare le persone dispotiche, troppo ambiziose e autoritarie e, in fondo, nevrotiche, e che disprezzano gli altri. Anche la gemmoterapia si avvale delle gemme florali e fogliari, mentre l’erboristeria europea utilizza le foglie per impacchi, per decongestionare gli organi interni. La medicina antroposofica si avvale della vite (foglie) come rimedio per sostenere il fegato. “Hepatodoron”, il rimedio, fu studiato da Rudolf Steiner nel secolo scorso. Combina l’azione della vite con quella della fragola selvatica, entrambe rosacee, piante legate a Mercurio/Giove e a Sole/Luna.
Come anche il frumento, la vite ha una valenza simbolica forte, profonda. Come espressione di salute, fertilità, abbondanza – del “buon vivere” – la vite è riportata su monete, gioielli, dipinti e stemmi di città e casati. Nell’immaginario, la vite è legata al sangue, all’idea di stirpe, di genealogia.
In conclusione, per il periodo che segue l’equinozio d’autunno ti invito a contemplare l’immagine di tre piante che accompagnano l’uomo da sempre: una spiga di grano o di farro, un vitigno e l’albero dell’olivo. Tre piante della cultura mediterranea, legate alla sfera solare, che caratterizzano la cultura dei nostri paesaggi e meritano profondo rispetto.
“ Tieni in ordine il tuo tempio, abbi cura di esso, affinché Viriditas, la Forza Verde, nella quale tu abbracci Dio con amore, non venga attaccata, perché Dio vuole molto bene alla tua anima.”
Hildegard von Bingen, Santa, Dottore della chiesa, 17 settembre
1098 Nasce come decima figlia di Hildebert e Mechthild von Bermersheim, in una famiglia nobile della Franconia, nei pressi di Alzey, non lontano dal fiume Reno. All’età di 6 anni inizia la sua formazione religiosa con la maestra Jutta von Sponheim che la guiderà nei suoi primi anni anche come suora.
1108 a 10 anni, iniziano i lavori del monastero benedettino a Disibodenberg, sulle rovine di un antico monastero. Diventa la casa di monaci e monache (una parte è adibita alla clausura), lavori finanziati dalle famiglie Bermersheim e Sponheim. Nel 1112 Hildegard vi si reca in clausura e poco tempo dopo diventa suora.
A quell’epoca, nei monasteri si praticava un’ascesi durissima. La sua stessa maestra, Jutta, si flagellava, digiunava e si privava della luce del giorno per lunghi periodi. Hildegard lotta fin dall’inizio contro queste pratiche e entra in conflitto con le sue superiori.
1136 a 38 anni, diventa badessa della congregazione, dopo Jutta von Sponheim.
1140 a 42 anni, nelle sue visioni Hildegard riceve l’incarico da Dio di scrivere tutte quello che riceve nelle sue visioni. L’operato, la vita di Hildegard si basa sulla regola di San Benedetto e sulle Sacre Scritture, e nelle sue visioni dice di non aggiungere nulla di personale. Dirà per tutta la vita di essere semplicemente una tramite della voce di Dio, e non sfrutterà questo dono per creare proseliti intorno a sé.
Non conosce il latino, e dirà sempre di se stessa di essere “ignorante”. In realtà si riferisce le manca l’istruzione latina, che non riuscirà mai a recuperare.
Apprende invece nozioni e conoscenze “moderne” da paesi lontani, forse perché riceve visite da medici e scienziati del periodo, che passano per la Renania, dall’Arabia, Persia, paesi mediterranei, Scandinavia, Spagna ecc. Nonostante questa sua difficoltà con la lingua latina Hildegard diventa una “erudita universale”. Si occupa di spiritualità, etica, medicina, farmacia, musica, poesia
La sua prima opera scritta è “Scivias”, nella quale il monaco Volkmar la sostiene come segretario e scrivano. 8 libri, 35 miniature colorate, artistiche, che illustrano e completano il testo. Anche la consorella Richardis la affiancherà per molti anni nel lavoro culturale e spirituale.
Und ich sprach und schrieb diese Dinge nicht aus Erfindung meines Herzens oder irgend einer anderen Person, sondern durch die geheimen Mysterien Gottes, wie ich sie vernahm und empfing von den himmlischen Orten. Und wieder vernahm ich eine Stimme vom Himmel, und sie sprach zu mir: Erhebe deine Stimme und schreibe also!“ (Esprimo queste cose, a voce e per iscritto, non perché il mio cuore le avesse inventate o perché mi siano giunte da un’altra persona, ma perché le ricevetti dai misteri segreti di Dio, così come le udii e le accolsi dai mondi celesti. E ancora, udii una voce dal cielo, ed essa mi disse: innalza la tua voce, dunque, e scrivi!)
Alfabeto: Inventa un -> alfabeto con migliaia di vocaboli e lettere del tutto nuove, compone versi e canzoni, cantate ancora oggi in tutto il mondo. Famose sono anche le immagini che le giungono nelle visioni, che raffigurano sempre la relazione tra uomo-natura-Cosmo/Dio.
Oggi le opere originali sono quasi tutte scomparse, alcune purtroppo durante la seconda guerra mondiale. Esistono però copie in tutta Europa, tra cui alcune autenticate, e nel mondo.
1147 a 49 anni, si rivolge a Bernhard di Clairvaux, chiedendo il suo sostegno nelle sue visioni, ma riceve una risposta diplomatica ma deludente. Ha bisogno di aiuto, si ammala spesso, e si sente in dovere di farsi accompagnare da qualcuno. Papa Eugenio III riconosce il suo dono profetico. D’altro canto diventa lei stessa consulente per persone influenti, politici e medici, anche dell’imperatore Federico Barbarossa, al quale si rivolge in diverse lettere esortandolo a compiere il suo impegno di re ed imperatore, verso il suo popolo, in senso cristiano.
1148 a 50 anni, Hildegard dà il via alla costruzione del monastero sul Rupertsberg, solo per monache, ma contro la volontà del priore di Disibodenberg. Il nuovo monastero si trova di fronte alla città di Bingen. Negli anni a seguire cercherà con forza di separarsi da Disibodenberg, ma lo otterrà solo nel 1158. Hildegard incontra Federico I, detto Barbarossa, incoronato imperatore a Roma.
1158-1159-1160-1163 a 60 anni, I celebri viaggi per predicare pubblicamente in varie località della Germania e dell’attuale Francia (Alsazia). Contro le eresie e i malcostumi nelle abbazie e nei monasteri, contro i catari. Scrive il Liber vitae meritorum che contiene le 35 virtù e i 35 vizi come cause di malattie dell’anima e del corpo.
Hildegard dà una impronta sociale al suo lavoro, si sente in dovere di lottare per una morale più pulita e per più giustizia e rettitudine. Si appellerà sempre alla “religio”, all’intimo connessione con il Divino, attraverso fede e preghiera. Le consorelle sono esortate a servire il Signore vestendosi di bianco, di ornarsi per le preghiere. Hildegard compone danze e musiche per i momenti liturgici e viene duramente attaccata per questo.
1163 Federico Barbarossa invia una pergamena in cui dichiara che il monastero del Rupertsberg è sotto la sua protezione ed è esente da tasse.
1165 a 67 anni Hildegard acquista il monastero in rovina di Eibingen e lo fa ricostruire. Qui possono vivere anche monache non abbienti. Il monastero esiste tutt’oggi (www.abtei-st.hildegard.de) ed è funzionante.
1171 a 73 anni, quarto viaggio di predicazioni a Maulbronn, a cavallo, Ildegard ha ben 73 anni!
1171 Accade un evento che caratterizza gli ultimi anni di vita della Santa. Il monastero sul Rupertsberg viene interdetto, perché vi viene sepolto un giovane nobile, scomunicato, pentito prima di morire (senza essere però riabilitato ufficialmente). Hildegard lotta perché la salma non sia trasferita, è l’ennesima volta in cui si ribella al volere del vescovo e arcivescovo.
1179 83 anni, finalmente l’interdizione viene sospesa. Hildegard muore il 17 settembre nel suo monastero.
I monasteri di Rupertsberg e Disibodenberg non esistono più (rovine), mentre il monastero Eibingen viene inglobato dalla città (fa parte degli edifici parrocchiali). Il nuovo monastero di Eibingen è sempre un monastero delle monache benedittine, e porta il nome della Santa.
– Curare secondo Hildegard von Bingen –
A quel tempo non esistevano le facoltà di medicina o farmacia sul territorio tedesco. Erano i secoli bui della medicina soprattutto in Europa, mentre in paesi come in Arabia e in Cina si praticavano metodi tradizionali e si continuava a ricercare. I medici provenivano dai conventi, così anche i farmacisti, donne e uomini che guarivano, esperti di erbe, minerali e metalli, soprattutto curavano le levatrici. Il monastero di Rupertsberg era “all’avanguardia”: esisteva una farmacia, una sala per la degenza e la cura dei malati, un laboratorio per la trasformazione delle piante medicinali e la produzione dei rimedi, un ospedale per i viandanti e pellegrini (secondo la regola benedettina), uno spazio per il salasso, una biblioteca con numerosi libri sulla cura.
Hildegard riuscì allora ad unire la conoscenza delle malattie e delle piante secondo la tradizione greco-latina, con la medicina tradizionale tedesca. Sviluppava tuttavia delle convinzioni proprio sull’origine dei disturbi e classificava i rimedi secondo la teoria degli umori (in modo “personalizzato” e difficile da comprendere, oggi). Si presume che fosse a contatto con medici arabi, italiani e spagnoli, perchè introdusse metodi di cura non conosciuti allora in Germania. Usava per esempio, le pietre semipreziose e i metalli e diede molti consigli di alimentazione.
La base è il pensiero del’unità e dell’insieme: la salute dell’uomo, per Hildegard, dipende da come si rivolge allo spirito, dalla sua fede e spiritualità, dalle sue “buone opere” e da una conduzione di vita sobria. Il principio è che ogni cosa che accade nel mondo delle creature, accade anche nell’uomo.
Hildegard annotò soprattuttto negli anni 1150 le sue visioni*, sia del mondo della natura, piante, animali, pietre, acqua, alimenti ecc., sia dell’uomo, i suoi stati d’animo, le sue preoccupazioni, le malattie, i vizi e le relative virtù. Comprende l’uomo come immerso nella creazione, come microcosmo nel macrocosmo. E’ precursora della cosiddetta visione dello “Homo signorum”, un’immagine raffigurante (“uomo dei segni zodiacali”) in cui le zone del corpo corrispondono ai segni astrologici, e serve al salasso che perdura fino all’ottocento. Questa visione veniva duramente attaccata dalla chiesa cattolica, eppure, soprattutto dopo la traduzione di opere di Tolomeo, l’influsso dell’astrologia sul corpo umano fu studiata sempre più, portando anche all’alchimia dopo il 400 e 500.
* La cosiddetta “Medicina di Ildegarda” è invece una sistema terapeutico costituito nell’età moderna, basata sul sistema di cure ideato da Gottfried Hertzka, medico tedeco, a partire dal 1970. Ha un grande seguito in tutto il mondo, fa parte delle cosiddette “medicina tradizionale europea”.
Dall’elaborazione di D. Manfredi Poillucci: “Oggi, 17 settembre, si festeggia Santa Ildegarda di Bingen. Già negli anni in cui era magistra del monastero di san Disibodo, Ildegarda aveva iniziato a dettare le visioni mistiche, il suo prestigio spirituale crebbe sempre di più, tanto che i contemporanei le attribuirono il titolo di “profetessa teutonica”. Ildegarda si occupò di medicina e di scienze naturali, come pure di musica, essendo dotata di talento artistico. Compose inni, antifone e canti, raccolti sotto il titolo Sinfonia dell’armonia delle rivelazioni celesti, che venivano gioiosamente eseguiti nei suoi monasteri, diffondendo un’atmosfera di serenità, e che sono giunti anche a noi.
Ildegarda è pervasa dall’amore per la natura, che rappresenta il riflesso del suo amore per Dio; osserva le piante, gli alberi da frutto, le erbe, che comincia a ordinare e classificare in base alle caratteristiche, al pari dei migliori ricercatori. Il suo studio e l’attenta osservazione la portano alla creazione di un trattato di botanica, che costituisce una documentazione ancora preziosissima sulle cognizioni e sulle tecniche della medicina popolare del tempo.”
Karin Mecozzi, relazione per docenza su Hildegard von Bingen, Formazione in Botanica e Ecologia del paesaggio ad indirizzo goetheanistico, 2014.
Nota sulle immagini: le due immagini dipinte su indicazione di Ildegarda da Bingen tratte dal sito della Biblioteca statale di Lucca: “Il Codice, proveniente dal Convento dei Chierici regolari della Madre di Dio di Lucca, contiene il Liber Divinorum Operum di Hildegard von Bingen”
È un mite giorno di settembre, sto raccogliendo erbe commestibili e medicinali in un luogo di grande calma e naturalezza, un prato lungo le sponde di un lago nel cuore delle Marche. Croccanti foglie e fusti di portulaca, cinquefoglie, piantaggine, silene, rucola selvatica, verbena, qualche fiorellino di ginestrino dal giallo intenso che racconta di una stagione di luce che sembra eterna in questa fioritura. Poi, semi di finocchio e i primi frutti maturi del nobile biancospino che amo masticare lavorando, perché sembrano piccole mele dissetanti.
Il capo chino sulle erbe, pensando all’insalata della cena (sotto la ricetta), mi fermo di fronte a un’area incolta. Qui non si sfalcia l’erba e la sponda del lago è incustodita. Affiorano sassi sulla riva ricoperti della sabbia del lago bianca come la cipria. Il movimento delle saeppole canadesi (Erigeron canadensis) ormai sfioriti ma eretti e saldamente ancorati al terreno argilloso mette in musica l’aria tiepida che sfiora la valle e incanta l’anima. Cardi asinini (Cirsium vulgare) dai pappi setosi, cardi lanaioli (Dipsacum fullonum) severi e bruni, piccole bardane (Arctium e poi qualche giovane salice bianco (Salix alba) e pioppo (Populus nigra) e un olmo (Ulmus campestris) dalle foglie verdissime, contorniate. Osservo la scena contro luce ancora china sulle erbette per il cestino. Mi soffermo e mi abbandono all’ondeggiare delle piante non lontane.
Creano un nuovo respiro tra cielo e terra rispetto al praticello di erbe. Loro, le nuove protagoniste della mia curiosità erboristica nel piccolo luogo, saeppole, bardane, salici, cardi, pioppi, olmo e altre, non sono, prese singolarmente, piante vistose né rare. Non si distinguono per fioriture appariscenti come le violette salcerelle più in là o i frutti blu notte d’inverno delle siepi spontanee di prugnolo (….stanno maturando finalmente!).
Ciò che mi invita a stare un po’ con tutti loro è la comunità che formano. Un popolo di piante in un insieme nuovo. La statura delle piante, biennali o pluriennali, e il loro crescere fitto una accanto all’altra nasconde ciò che ora scorgo mentre mi inoltro nell’organismo di erbe e arbusti: Vedo tronchi di alberi morti, emersi dall’acqua che evapora rapidamente d’estate, adagiati sul terreno ghiaioso. Il legno consunto è argentato, affascinante per la levigatura, ne porto via qualche ramo per appendere collane, orecchini, origami colorati e nastri o per creare “installazioni” tra le mura di casa nelle sere di inverno.
Ed è ora che, alzando lo sguardo, percepisco il coro animato di insetti volanti, moscerini, farfalle, coleotteri, api, bombi. Formano nuvole danzanti con i loro movimenti, anche loro sono diverse specie. Scorgo allora una lunga stradina di formiche nere tra le piante che conduce a delle cortecce in decomposizione. Ne raccolgo un pezzetto e annuso, il mio olfatto si desta e stropiccio le foglioline per sentirne la fragranza. Selvatica, verde, ogni volta diversa.
Scelgo un nome per la piccola area, l’isola delle piante ondeggianti. Lontana dagli sguardi dell’uomo custodisce equilibri – e piante, che mi riprometto di approfondire prossime raccolte. Serenità nel cuore, il viso scaldato dal sole, il cestino ricco di erbe e sensazioni, mi allontano con gratitudine.
Sappiamo stare con le piante, i sassi e gli alberi, è la forza vitale che ci unisce e ci scorre nelle vene.
Croccante misticanza di erbette settembrine (niente dosi: si fa “a occhio”!)
Lattuga o altra insalata verde dell’orto Foglie giovanissime di bietola Carote grattugiate Misticanza di erbe selvatiche che trovi nelle zone lacustri, nei pressi dei fiumi con zone ghiaiose* tra cui portulaca (fusto e foglie), piantaggine (foglie giovani), cinquefoglie (foglie), silene (foglie), rucola selvatica (foglie e fiori), verbena officinale (fusti fioriti), farinaccio (foglie), saeppole (foglie giovani rinate), salcerelle (fiori), ginestrino (fiori) Una manciata di erbe aromatiche fresche a piacimento come l’ultimo basilico, origano coltivato o selvatico, timo, erba limoncina, melissa, menta, maggiorana, santoreggia, rosmarino giovane tritato finemente, salvia, malva ecc. Olio evo, succo di limone, anche dell’olio di zucca o di canapa, sale Semi oleosi come noci, semi di girasole, sesamo, semi di zucca Polveri di spezie: cumino, curcuma, zenzero
Sciacqua accuratamente le erbe raccolte, pulisci e sminuzza gli aromi, taglia tutto finemente e aggiungi alle foglie di insalata e le carote in una grande ciotola. Prepara la salsa per condire, aggiungi per ultimo le polveri nella salsa, cospargi di semi oleosi e servi freschissima.Per un’insalatona che fa da leone in una giornata di sole di settembre, nelle tue uscite nei paesaggi, aggiungi del formaggio a pezzetti oppure ceci o fagioli.
*raccogli solo in aree pulite, le erbe commestibili possono essere dei concentrati di sostanze benefiche ma anche di inquinanti
Le erbe che ho raccolto: Portulaca (Portulaca oleracea). Piantaggine (Plantago lanceolata o ovata), Cinquefoglie (Potentilla reptans), Silene (Silene vulgaris), Rucola selvatica (Diplotaxis tenuifolia), Verbena officinale (Verbena officinalis), Farinaccio (Chenopodium album), Saeppola (Erigeron canadensis), Salcerella (Lythrium salicaria), Ginestrino (Lotus corniculatus)
Monastero di Fonte Avellana Serra Sant’Abbondio (PU)
13 – 14 agosto 2024
“Medicina monastica” Esperienze di erboristeria tradizionale, autoproduzione e osservazione della natura
Corso teorico pratico
a cura di Karin Mecozzi Augusta D’Andrassi
Argomenti del corso: Da Santa Ildegarda a Padre Weidinger: introduzione alla medicina monastica Le erbe dei pellegrini: ricette e rimedi per camminatori e sognatori – con parte pratica sull’autoproduzione Alberi sacri e radure: osservazione ampliata in natura
Il corso è aperto agli interessati in materie erboristiche anche senza conoscenze pregresse. Si richiede uno spirito di dialogo e calma condivisione.
Karin Mecozzi, erborista diplomata con qualifiche in medicina tradizionale europea, aromaterapia e naturopatia antroposofica. Raccoglitrice e fitopreparatrice, coltiva erbe officinali in Appennino. Autrice di libri di erboristeria in tedesco e italiano (www.karinmecozzi.com)
Augusta D’Andrassi, dottoressa forestale con specializzazione in fitoterapia e piante officinali, insegnante, guida naturalistica e interprete ambientale.
Iscrizione al corso, prenotazione soggiorno: modalità sulla brochure
Informazioni: Karin Mecozzi karin.mecozzi@gmail.com Contatto Whatsapp 349 8383231
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