in accordo con CEA di Gagliole e Fondazione Oppelide, in considerazione del decreto goverantivo pubblicato ieri, abbiamo deciso a malincuore di rinviare a data da destinarsi il corso “Respirare in autunno – Erboristeria pratica e stagionale”. Il corso era già al completo e ringrazio ognuno di voi per l’iscrizione e l’interesse. Sicuramente avremo occasione di incontrarci tra piante e paesaggio. Seguitemi sul sito per nuove iniziative erboristiche, vi invito inoltre alla lettura del mio ultimo libro “Verde resilienza, erborista pratica nel cambiamento“, pubblicato con Natura e Cultura Editrice. Auguro serene giornate autunnali, a presto,
Karin Mecozzi, erborista
Testo precedente: “Respirare l’autunno” è il prossimo corso che terrò a Gagliole, il piccolo comune appenninico che oltre al Centro storico medioevale e un meraviglioso e verde paesaggio offre ai visitatori un Museo di Storia Naturale di tutto rispetto. Fondato e gestito dalla Fondazione Oppelide è collegato anche con il Centro di Educazione Ambientale “Valle dei Grilli e dell’Elce”, una struttura capiente con un grande parco, nel silenzio di una valletta interna ricca di grandi alberi, equiseti, piante spontanee alimentari e medicinali, animali selvatici e uccelli. E’ il luogo ideale per un corso di erboristeria autunnale dedicato al respiro: al respiro della terra nel ritmo delle stagioni, dell’uomo nel suo rapporto con il cosmo e la natura, al respiro come ritmo vitale e fonte di vita, da salvaguardare nel periodo autunnale e invernale e da rafforzare con rimedi efficaci dell’erboristeria tradizionale e moderna.
Il corso è gratuito e si svolgerà nel rispetto delle norme perviste per l’epidemia Covid 19 e ha un numero di partecipanti limitato.
Per il Corso “Le piante sacre in erboristeria e nel paesaggio” Monastero di Fonte Avellana luglio e settembre 2020
con Karin Mecozzi, erborista e Giorgio Bortolussi, agricoltore biodinamico
La visione della pianta sacra si evolve insieme alla storia dell’uomo.
1500 a.C. in India, negli scritti vedici viene descritta la pianta sacra “Soma” (specie sconosciuta, sicuramente procurava ebbrezza, visioni, afrodisiaca. Forse il fungo dell’Amanita) “Un falco porta la pianta chiamata SOMA da MANU, il primo uomo. L’uomo preparò una bevanda e la bevve nel sacrificio a Indra, il Dio creatore. Grazie a questo sacrificio Indra fu ingrado di completare la sua opera, la creazione del mondo.”
Sacro … E’ una metafora (da metapherein) che trasferisce in noi un concetto difficilmente spiegabile:
Nelle diverse religioni il Sacro, l’immateriale appartiene a Dio, alle divinità o a esseri specifici della natura, gli Deva. Politeismo neolitico – > monoteismo Cristianesimo ebraico, Islam
Sacra, una pianta lo diventa, non vi nasce. Lo diventa quando l’uomo ha percepito che lei si connette al suo ambiente, alle piante, agli animali, alle rocce e all’acqua, a noi umani con fili non materiali, potenti, di guarigione.
Le piante sacre sono quasi sempre medicinali per il corpo. Molte, soprattutto in altri continenti, sono stupefacenti e permettono di vedere nell’al di là.
Il Sacro si rispecchia nei miti e nelle leggende in tutto il mondo
Le piante sacre non sono sempre magiche e viceversa. Spazi sacri, rituali magici:
psicoattive, usate nei rituali delle festività, notte di S. Valpurga 30. Aprile, solanaceae, per visioni, incantesimi, afrodisiache Amuleti. Es. Mandorla per figlia femmina
Chi sa usare, gestire, raccogliere, somministrare le piante sacre? Sciamani tra cielo e terra, impara a governare gli spiriti: aiutano i defunti, i malati, le persone in difficoltà per decisioni, nei lutti, nelle depressioni e le malattie dell’anima (VISION QUEST!) Il Cristo, che è il Signore degli elementi e sommo Guaritore. Le “Donne sagge”, le Sacerdotesse lunari dei popoli protoeuropei, poi dei Celti e Germani -> diventano “streghe” dagli alchimisti dal rinascimento in poi
Rivolgersi con rispetto agli spiriti delle piante sacre: • accorgimenti specifici nella raccolta, “rituali”: in silenzio, • secondo lune, in giorni speciali, fanciulle vergini, con mani coperte o nude, strumenti in metalli preziosi, tagliare con le pietre preziose • nel rivolgersi alla pianta con il linguaggio adatto al suo “daimon”
LE PIANTE SACRE APPUNTI SULLE SPECIE SACRE della BIBBIA
Nella Bibbia (ANTICO E NUOVO TESTAMENTO) la pianta sacra esprime il RAPPORTO tra uomo, terra e piante, come SORGENTE DI VITA. Circa 170 piante censite nell’Antico e nel Nuovo Testamento. I nomi volgari delle piante ritrovate non sono sempre riconducibili alle piante conosciute oggi. Consideriamo che la denominazione binomiale è di Linneo (1707-78).
Sono le Piante della Terra promessa: piante da frutto come palma da datteri, olivo, mirto, le piante medicinali come il lentisco, il terebinto, l’incenso, la menta, molte specie di cardo e le piante spinose in genere, le piante delle feste del culto (festa delle capanne…) I cereali, le erbe verdi e succose, gli oli, i balsami, le resine, i legni profumati, i diversi legni per costruire e arredare, sostanze medicinali e aromatiche estratte. Le piante portatrici di messaggi divini come il rovo, Le piante dai significati simbolici oppure allegorici come nel Discorso della Sapienza.
Un bell’esempio è la Festa delle Capanne, del raccolto, della gioia
A settembre si festeggia ancora oggi nella religione ebraica la FESTA DELLE CAPANNE – “Sukkot” (Sukkà vuol dire capanna) • Fine stagione agricola, tutto proviene da Dio. • Il mondo non è che una capanna come immagine • annullamento dell’importanza del possesso che poi porta alla pace • Sostare per 7 giorni, mangiare nella capanna, • Si deve poter vedere il cielo stellato come necessità di avere una vita spirituale, tetto solo fogliame. • Si studia la Tora. • Si agita nelle 4 direzioni cardinali il LULAV: legando a fascio i rami di…. cedro (fertilità), salice (dipendenza dall’acqua), mirto (immortalità) palma da dattero (speranza vittoria). • I 4 rami rappresentano 4 tipi di ebrei, che seppur diversi vivranno insieme in armonia al cospetto di Dio. • Il 7 giorno si invoca il perdono, la cancellazione dei peccati.
Infine, ALCUNE PIANTE SACRE PER I CELTI che per ognuna delle 8 festività dell’anno hanno piante specifiche, nel ritmo delle stagioni.
Le piante sacre a Samain, la festività dell’Autunno (fine ottobre): Si raccolgono 9 specie di legno per il fuoco sacro L’artemisia e l’assenzio, l’Angelica arcangelica, l’aglio, le specie delle Solanaceae europee (Dulcamara, Belladonna, Giusquiamo), le nocciole, le mele e le pere tardive, le noci, le rape. Il tasso come albero e l’agrifoglio, andando verso l’inverno l’abete e il vischio.
Il “divenire cenere” dell’autunno nella maturazione dei semi e dei frutti, nell’ingiallimento del fogliamo, non procede come una vera combustione.
Anche il fuoco dell’estate non è un vero “fuoco”.
Negli eventi “viventi” della natura nulla viene compiuto, ma tutto viene portato soltanto fino a un certo punto per poi essere trasmesso agli eventi più lontani della vita. Il carattere della vita consiste proprio nel fatto di non completare nulla, ma di affidare nuovamente ciò che è maturato alle forze della Terra e del cielo, per farlo risorgere trasformate.
Non esiste un reale compimento, perché allora avrebbe lo stesso significato della morte assoluta.
Walther Cloos: “Das Jahr der Erde: von der Alchymie der Jahreszeiten” – L’anno della Terra nell’alchimia delle stagioni. Edizione italiana Natura e Cultura Editrice Alassio 1993
Oggi ti parlo brevemente di un albero deciduo che mi sta particolarmente a cuore. Vorrei offrirti dei cenni, invitarti ad uno sguardo d’insieme: cercalo nei boschi, l’essere maestoso dalle “parole” mormorate a chi ascolta. Approfondisci la botanica dell’albero, con osservazioni tue, come albero longevo offre l’occasione di interessanti scoperte!
Noto come “albero del pane”, il castagno (Castanea sativa L.) è sacro a Giove ed è sua la segnatura predominante, insieme al Sole. Selezionato nel corso dei millenni, fino ad ottenere i grandi frutti che conosciamo oggi, i marroni, ricopriva un ruolo importante nell’economia rurale italiana fino a qualche decennio fa. La farina dei frutti, se ancora la conosci, è buona e salutare!
Spesso, nelle raffigurazioni mitologiche compare l’intero albero, verde e possente, con le foglie dirette verso la luce e la corteccia piena di scanalature e venature. E’ uno degli alberi contenuti nel cosiddetto “calendario celtico”, ha origini preistoriche e il polline fu ritrovato in Anatolia, in Grecia…. I frutti, acheni lisci e scuri, rappresentano nella simbologia dell’araldica le virtù nascoste dell’uomo, come la tenacia, la resistenza, la resilienza come diciamo oggi.
L’albero appartiene alla grande famiglia delle Fagaceae e viene coltivato nei climi miti, nei luoghi ricchi di storie di raccoglitori e boscaioli, falegnami e commercianti. Più raramente, si incontrano specie inselvatichite dai frutti più piccoli, pur sempre gustosi. La corteccia degli esemplari più vecchi, pieni di cavità, è un nascondiglio ideale per scoiattoli e gufi, picchi e lepri. Il castagno è amico degli animali e dell’uomo ed elargisce ogni anno i suoi frutti lucenti, protetti dal pericoloso involucro spinoso. Da novembre in poi, con le castagne e i marroni maturi si ottengono gustose ricette e una farina ricca di proteine e minerali, mentre le foglie, ricche di tannini, vengono usate in erboristeria nelle tisane, per rafforzare l’apparato respiratorio e nei disordini intestinali.
Il castagno oggi è minacciato gravemente da malattie insidiose che stanno sterminando castagneti antichissimi in tutta Italia. La raccolta dei marroni è sempre regolamentata, e i fiori, lunghe infiorescenze ad amento profumatissime, attirano le api da lontano.
A Fonte Avellana esiste un piccolo castagneto del 1700, ormai abbandonato, con al centro un esemplare dal possente tronco.
Al corso di settembre (Le piante sacre in erboristeria e nel paesaggio) ci sederemo alla sua ombra per una lezione facendoci ispirare dalle sue forme bizzarre, le foglie come le mezzelune e le infruttescenze verso la maturazione. Grazie, grande Castagno!
Il mio nuovo libro in italiano, Verde resilienza, è uscito! L’intero volume è frutto della intensa collaborazione con l’editrice e gli artisti professionisti, che hanno illustrato e impaginato il testo.
tra pochi giorni Verde resilienza sarà nelle librerie online più conosciute.
Il piccolo libro, con un centinaio di pagine fitte fitte di contenuti e ricette, vuole accompagnare il lettore in un’esperienza concreta, di erboristeria vissuta.
Aggiungo che come erborista sono a servizio del benessere, della prevenzione e della salutogenesi delle persone, e Verde resilienza è un contributo in questa direzione.
Le tre regole d’oro dell’erboristeria moderna sono, in sintesi: pratica, conoscenza e condivisione.
In primavera, lungo sentieri e campi di grano, fioriscono luminosi i piccoli cespi di camomilla. Per distinguere la pianta da altre specie, apri un capolino: la camomilla officinale (Matricaria camomilla L.) contiene una piccola bolla d’aria! L’intera pianta emana un forte profumo, aromatico e tipico. La camomilla, della famiglia delle Asteraceae, è “sulfurea”e anche un po’ lunare, disinfetta e sfiamma allo stesso tempo, mette a posto laddove processi di decomposizione vorrebbero prendere il sopravvento. Contiene flavonoidi (quercetina), lattoni (matricina) e un olio essenziale prezioso dal bel colore blu (camazulene). I fiori freschi ed essiccati hanno un’azione calmante e sono usati in infusi e tintur contro coliche e spasmi addominali. La pianta si rivolge sia alla sfera del ricambio, sia al sistema nervoso, agendo anche sulla pelle, nostro grande organo emuntore. Per via esterna, l’impacco con l’infuso lenisce punture di insetti e piccole lesioni, eritemi e eczemi. L’oleolito (estratto oleoso) e l’olio essenziale di camomilla diluito in un solvente (olio di jojoba, ad esempio) sono indicati per aiutare la cicatrizzazione di ferite e ustioni.e l’unguento (oleolito + cera d’api).
Per preparare l’oleolito si raccolgono i capolini appena schiusi nel tempo balsamico, si lasciano riposare brevemente stesi su fogli di carta o teli di cotone e si mettono a macerare con olio di oliva. A 20 ml di oleolito di camomilla, aggiungi 1 goccia del prezioso olio essenziale e 2 gocce di olio essenziale di lavanda officinale. E’ un “rimedio da pronto soccorso” per improvvisi mal di testa, mal d’orecchie e nevralgie.
Beruhigt, hemmt Entzündungen: ECHTE KAMILLE
Im Frühjahr keimen an Weg- und Feldrändern viele verschiedene Kamillenarten: die Blütenköpfchen der echten Kamille (Matricaria chamomilla L.) enthalten eine winzige Luftblase! Die Kamille ist eine „Schwefelpflanze“, wirkt keimtötend, entzündungshemmend, räumt auf, wo Gärprozesse Überhand nehmen wollen. Sie hat ihre Entsprechung zum Darm, dem Stoffwechsel und dem Nervensystem. Aus den getrockneten Blüten stellt man einen beruhigenden Tee und eine Tinktur gegen Bauchkrämpfe und Regelbeschwerden her. Mit lauwarmem Kamillentee behandelt man Insektenstiche und kleine Wunden. Aus 20 g angetrockneten Blüten und 300 ml nativem Olivenöl wird ein duftender Ölauszug zubereitet. Man lässt ihn 3 Wochen lang im Warmen stehen und filtert. Hilft äußerlich bei Ohrenschmerzen und Zahnungsbeschwerden der Kleinkinder. Auf 20 ml Ölauszug gibt man 1 Tropfen des ätherischen Kamillenöls (blau!), um Muskelverspannungen im Nacken- und Schulterbereich sanft zu lösen.
*Um uns einen Eindruck des Wesens einer Heil- und Gewürzpflanze zu verschaffen, ist es hilfreich, sie zunächst in ihrer natürlichen Umgebung zu betrachten. Wir möchten den Rosmarin (Salvia rosmarinus Schleid, ehemals Rosmarinus officinalis L.) kennenlernen und begeben uns auf eine Reise in den Süden, ans Mittelmeer, bis in das undurchdringliche Dickicht der mediterranen Macchia an den Küstenregionen. Dort erkämpfen sich immergrüne, ausdauernde Sträucher und kleine Bäume ihren Platz an der heißen Mittelmeersonne, versenken ihre Wurzeln in sandige, oft salzige Böden, trotzen Winterstürmen und langen Dürreperioden. Ginster, stachelige Wacholderbüsche, schneeweißblühende Myrtenbäumchen spenden kleineren Arten wie Stranddisteln, Meerfenchel, Immortelle, Heiligenkraut und Zistrosen etwas Schatten. Wo der Tau nachts den kargen Boden benetzt, trauen sich auch wilde Ringelblumen, Ferkelkraut, Natternkopf, Thymian und rosafarbene Winden ans Licht. Mitten in dieser etwas rauen, widerstandsfähigen Pflanzengemeinschaf wächst der Rosmarin. Er bringt den Typus der Lippenblütler (Lamiaceae) auf seine eigene Weise zum Ausdruck, nämlich als immergrüner, bis zu zwei Metern hoher Strauch. Er unterscheidet sich stark von den Mitgliedern seiner Familie, denn vom krautigen, frischen Grün (Gundermann, Basilikum), der zierlichen Form der Blätter (Melisse, Gamander) oder der Vorliebe für satte Ackerböden (bei vielen Minzenarten), ist beim Rosmarin nichts mehr zu sehen: von Grund auf verholzen Stamm und Äste, seine Blätter sind spitzig wie Nadeln, er gedeiht fast ohne Regen und im Alter sieht manches Rosmarinexemplar aus wie ein richtiger Baum.
Auf Spaziergängen an der Mittelmeerküste, von Portugal über Italien und Griechenland bis in die Türkei, entdeckt man ihn wildwachsend: etwas verstaubt nach einem langen Sommer, mit silbernen Spinnweben in den sparrigen Ästen, eigentlich eher unscheinbar. Beim genaueren Hinsehen entdeckt man jedoch die Besonderheiten dieses Gewächses: seine kerzengeraden, belaubten Zweige, wie von tausend lanzettlichen Nadeln übersät, der aufrechte Wuchs in Richtung Sonne, in den lichtblauen Mittelmeerhimmel hinein. Mit Nadelbäumen hat der Rosmarin tatsächlich einige wertvolle Wirkstoffe gemeinsam, die auch in seinem aromatisch duftenden ätherischen Öl enthalten sind. Die Unterseite der Blätter ist weißlich grün und fein behaar, die Oberfläche mit einer wasserabweisenden Wachsschicht überzogen. Ätherisches Öl, Behaarung und Wachsschicht helfen, die Wasserverdunstung einzudämmen und Temperaturschwankungen leichter zu ertragen.
Im März und im September, also zweimal im Jahr, bilden sich himmelblaue bis rosarote Lippenblüten in den Blattachseln. Sie locken viele Bienen an, und der hellgelbe Rosmarinhonig, von leicht bitterem Geschmack, tut der Leber gut.
Das ätherische Rosmarinöl ist ein Vielstoffgemisch, das die immergrünen Blätter, Blüten und junge Zweige wie eine unsichtbare, duftende Hülle umgibt. Es gibt beim Rosmarin verschiedene Chemotypen, je nach Herkunftsland, die dem ätherischen Öl eine besondere Duftnote und Heilwirkung verleihen: Rosmarin Cineol, Rosmarin Borneon und Rosmarin Verbenon. Der Cineol-Typ wächst hauptsächlich in Marokko und Tunesien, der Borneon-Typ in Spanien und der Verbenon-Typ in Frankreich und auf Korsika vor.
Als „rhops myrinus“, balsamhaltiger Strauch, wurde er im alten Griechenland zum Räuchern am Totenbett verwendet, und bei den alten Römern hieß er „ros marinus“, Tau des Meeres. Geschichtlich gesehen gehört der Lippenblütler zu den ältesten heiligen Pflanzen. Lange bevor man ihn medizinisch verwendete, galt er als symbolische Pflanze und Mittel für Rituale, die mit Tod und Geburt, Hochzeit und Kultus zu tun hatten. In den verschiedensten Mythologien wird der Rosmarin mit dem Gedächtnis, dem Erinnerungsvermögen in Verbindung gesetzt: auf Darstellungen halten die Töchter der Mnemosyne, die Musen, einen Rosmarinzweig in der Hand, im alten Rom legte man den Verstorbenen ein Rosmarinsträusschen ins Grab, zum Zeichen ewiger Erinnerung. Interessant ist, dass Rosmarinextrakte nach neuesten Forschungen Freie Radikale hemmen und sich positiv auf Hirntätigkeit auswirken. Sie sollen vor Alzheimer schützen und Alterserscheinungen vorbeugen, unter anderem auch den Verlust des Kurzzeitgedächtnisses.
Das Erinnerungsvermögen, eine gute Konzentration und starke Nerven stehen für Vitalität, der Rosmarin galt bei den Ägyptern als Quelle unversiegbarer Lebenskraft. Bis ins Mittelalter sammelte und trocknete man ihn, um ansteckende Krankheiten fernzuhalten und verwendete die Zweige als immergrünen Weihnachtsschmuck. Das berühmte Ungarische Königswasser, „Aqua reginae Hungariae“, gab der gichtgeplagten ungarischen Königin Lebensfreude und Gesundheit zurück, und traditionelle Auszüge in Wein, Weingeist, Essig, Honigbier fehlten in keinem Haushalt.
Laut einer Überlieferung aus dem 16. Jahrhundert trieben in Toulouse vier Räuber ihr Unwesen in den Häusern reicher Pestkranker. Schießlich wurden sie auf frischer Tat ertappt und vor Gericht geschleppt. Um dem Henker zu entgehen, sollten sie das Geheimnis preisgeben, das sie vor der Ansteckung mit der schrecklichen Krankheit bewahrt hatte. So zählten sie die Zutaten des würzigen Essigtrankes auf, mit dem sie sich täglich eingerieben hatten, mit dem „Pestessig“ oder „Vierräuberessig“:
Vinaigre des quatre voleurs – Vierräuber-Essig
Je einen Esslöffel folgender getrockneter Kräuter gut vermischen und gut mörsern: Blätter von Rosmarin, Salbei, Thymian, Lorbeer, ebenso viele Gewürznelken, eine Zimtstange, Kümmel- oder Fenchelfrüchte und Wacholderbeeren. Mit natürlichem Apfelessig übergießen und verschlossen an einem warmen, dunklen Ort ziehen lassen, öfters schütteln. Nach 4 Wochen leicht erwärmen, abseihen, in Braunglasflaschen füllen, in einem Jahr aufbrauchen.
Als vorbeugendes Grippemittel ist dieser aromatische, alkoholfreie Auszug auch heute zu empfehlen: in der kalten Jahreszeit morgens und abends zwei Teelöffel in etwas warmem Honigwasser auflösen und schluckweise trinken. Hilft bei Grippesymptomen, Kopfschmerzen, Durchfall, auch mehrmals täglich eingenommen. Verdünnt ist er auch für Kinder und ältere Menschen geeignet Äußerlich verwendet wirkt der „Spitzbubenessig“, wie er auch genannt wird, desinfizierend und reinigend, gegen Übelkeit und Müdigkeit und als exzellentes Gurgelwasser bei Zahnfleischbluten, Aphten und Halsschmerzen.
Der Rosmarin in der modernen Phytotherapie
Als heilsame Teile gelten in der heutigen Pflanzenheilkunde die Blätter, die Knospen, die blühenden Sprosse und das ätherische Öl des Rosmarins. Seine rhythmisch angeordneten, aromatischen Blätter enthalten neben dem terpenreichen, ätherischen Öl auch Flavonoide, Phenolsäuren, Gerbstoffe, Bitterstoffe, Saponine, Ascorbinsäure. Als Extrakte werden Tinkturen, Sirupe, Gemmomazerate, Ölmazerate und Trockenextrakte hergestellt, und die Droge (Rosmarini foliae) gibt es getrocknet als Tee zur inneren und äußeren Anwendung.
Bei der Dampfdestillierung der blühenden Sprossspitzen erhält man das reine ätherischeRosmarinöl. Als Nebenprodukt entsteht Rosmarinhydrolat, also destilliertes Wasser, das wirksame Substanzen in hoher Verdünnung und etwas ätherisches Öl enthält. Es ist ein herrlich erfrischendes Kosmetikum für Haut und Haar und macht als Spray im Sommer putzmunter.
Rosmarintee ist für besonders für Menschen in der Lebensmitte geeignet, die morgens schlecht aus dem Bett kommen, über schmerzende Beine und Rücken klagen, nicht gut verdauen und öfters Kopfschmerzen haben. Dahinter können funktionelle Leber-, Gallen- und Magenbeschwerden stecken, die auf Stress, schlechte Ernährung, chronische Entzündungen und unzureichender Bewegung zurückzuführen sind. Zum Aufwachen wirkt der heiße Rosmarin-Infus morgens besser als schwarzer Kaffee oder Tee, er regt den Kreislauf und das Lymphsystem an, stärkt die Nerven und öffnet unsere Sinne für die Außenwelt. Für eine große Tasse Tee brüht man einen Esslöffel getrocknete Rosmarinblätter mit 300 ml kochendem Wasser auf und lässt 10 Minuten ziehen.
Um die anregende Wirkung zu unterstützen, massiert man Beine und Arme mit Rosmarinhydrolat oder – besonders im Winter – mit duftendem Rosmarinöl, das man leicht selbst herstellen kann: 30 Tropfen ätherisches Rosmarinöl werden mit 100 ml warmem Sesamöl oder Mandelöl vermischt und gut verschüttelt. Der wärmende, anregende Effekt des Krautes lässt nicht auf sich warten, man fühlt sich gleich viel „aufrechter“.
Der Rosmarin stellt uns in schwierigen Zeiten wieder auf die Beine, und in der anthroposophischen Medizin gilt er als Heilmittel, das das Ich unterstützt, wie die strahlende, wärmende Sonne an einem Hochsommertag. Als Lippenblütler ist er eine typische Pflanze der Mitte, die zwischen Oben und Unten, Kosmos und Erde vermittelt und für das richtige Gleichgewicht zwischen Herz und Verstand sorgt. Denn diese robuste Pflanze richtet sich sowohl an das Blut, Kreislauf und Herz, als auch an das Nervensystem. Dabei spielt sicher auch der „blutreinigende“, entgiftende Effekt eine Rolle: nach der traditionellen Medizin, auch nach der traditionellen chinesischen Heilkunde, wirkt sich eine schlecht arbeitende Leber ungünstig auf das Blut und den Kreislauf aus, trübt die Sinne, macht müde und reizbar.
Daher empfehle ich besonders im Frühjahr, wenn der Organismus aus dem „Winterschlaf“ erwacht und frische Energie benötigt, eine Rosmarinkur mit der Einnahme einer hochwertigen Rosmarintinktur, Massagen (siehe oben) und der Verwendung von getrocknetem Rosmarin anstatt Salz in der täglichen Küche. Rosmarinextrakte senden stimulierende Impulse an alle Verdauungsorgane aus, feuern den Stoffwechsel an, trocknen überschüssige Feuchtigkeit (Schleim, Katarrh, Pilzkrankheiten) aus. Bei Magenbeschwerden reicht oft eine Tasse Rosmarintee, allerdings sollte man sicher sein, nicht unter Gallensteinen zu leiden, dann wäre Rosmarin als gallentreibendes Kraut falsch am Platz.ür ältere Menschen sind kalte Füße oft ein unangenehmes Leiden. Ansteigende Fußbäder mit starkem Rosmarintee oder Armbäder regen den Kreislauf an, unterstützen die Herztätigkeit und verbessern sogar die Beweglichkeit. Rosmarinauszüge werden mit Erfolg bei Krankheiten des Bewegungsapparates, bei Arthrose, Gicht und Rheuma eingesetzt, äußerlich massiert man mit Rosmarinöl- oder Salbe.
Wer nördlich der Alpen ein sonniges Plätzchen auf dem Balkon oder im Garten hat, kann seinen eigenen Rosmarinstrauch ziehen und frische Blättchen zum Würzen und für Tees ernten. Im Winter sollte man ihn nicht arg frieren lassen, denn als mediterrane Pflanze verträgt er Minusgrade sehr schlecht. Am besten zieht man ihn in einen großen Kübel und lässt ihn im Hauseingang überwintern.
Zum Schluss noch ein Rezept aus der römischen Küche, in der Rosmarin, wie auch seine Verwandten Oregano, Basilikum, Thymian, Majoran und Salbei nie fehlen darf.
Überbackener Fenchel mit Rosmarin
4 Fenchelknollen
1 Teetasse geriebener Parmesankäse
2 Esslöffel getrocknete Rosmarinblätter
Geriebene Schale einer Orange, etwas Muskatnuss
Schwarze Oliven, Chillyöl, Olivenöl
1 feingehackte Knoblauchzehe
Fenchelknollen vierteln, gut waschen, in wenig Salzwasser bissfest kochen. In eine Auflaufform geben, Oliven, geriebene Orangenschale, Muskatnuss, Rosmarin, Knoblauch und ein paar Tropfen Chillyöl dazugeben, mit Olivenöl beträufeln und Parmesankäse darüber streuen. Bei 180 Grad im Ofen backen, bis der Käse hellbraun brutzelt. Passt hervorragend zu Risotto, Hühnchen oder Fisch.
Karin Mecozzi Dipl. Herboristin
*Der Artikel erscheint als “Heilpflanzenporträt” in der Juniausgabe des Ernährungsrundbriefs, Arbeitskreis für Ernährungsforschung, Bad Vilbel (D)
Nella vita di ogni persona si presentano periodi in cui l’equilibrio fisico e psichico si incrina. Le cause sono diverse, malattie, traumi, un lutto, periodi di eccessiva pressione nella vita privata, sociale, lavorativa.
Nell’acuto è indispensabile intervenire prontamente rivolgendosi ad esperti. Contemporaneamente, e soprattutto nella seconda fase, puoi attingere a risorse che sostengono le cure e consentono di superare le difficoltà formando forze nuove.
Accettare le difficoltà con umiltà e adattamento, combattere per resistere, trovare risorse e superare la crisi, significa che puoi rispondere con la crescita, ed è questa la RESILIENZA.[1]
La resilienza è la capacità di rigenerazione dopo un danno, è riuscire a gestire positivamente la propria vita e fare un passo in avanti nella propria crescita, nonostante le circostanze difficili.
[1]: Nel 1955 la psicologa Emmy Werner iniziò uno studio gruppi di bambini di diverse etnie dell’isola Kauai nelle Hawaii. Nati in situazioni difficili, di grande fragilità e povertà, molti di loro manifestarono nello sviluppo disagi fisici e psichico. Nell’arco dei quarant’anni di ricerca, tuttavia, un terzo dei bambini riuscì a migliorare le proprie condizioni raggiungendo l’età adulta in buona salute psicofisica. La psicologa attribuì questo risultato alla qualità della resilienza.
Tratto da “Ars herbaria, piante medicinali nel respiro dell’anno” Editrice Natura e Cultura (a breve la seconda edizione)
Raccogli la pianta officinale prescelta in giorni di ARIA/LUCE o CALORE secondo il calendario biodinamico, rispettando prima di tutto il tempo balsamico della pianta. Taglia finemente la droga fresca, riempi a metà un barattolo di vetro coprendo con olio di oliva extravergine biologico o biodinamico. È importante usare dell’olio di qualità, altrimenti, insieme alla pianta, si estraggono anche i residui di fitofarmaci e pesticidi.
Per ottenere un oleolito più delicato si miscelano olio di oliva e olio di mandorle o di riso o di vinaccioli spremuti a freddo (1:1); per uso cosmetico, per preparare pomate, creme, lozioni, aggiungo sempre dell’olio di jojoba o di avocado, olio di canapa e un cucchiaio di olio di germe di grano. In questo modo l’oleolito risulterà particolarmente fluido e delicato, sarà facile da stendere. Gli oleoliti con oli leggeri nutrono in profondità trasmettendo le proprietà benefiche, di calore e protezione delle piante spremute.
Metti il barattolo in un pentolino d’acqua e scalda a bagnomaria senza chiudere, portando l’olio a 60°C. Rimesta delicatamente con un cucchiaio di legno e lascia raffreddare lentamente nel pentolino d’acqua calda, poi chiudi e riponi in un luogo caldo per quattro settimane, scuotendo ogni giorno per mescolare olio e pianta. Apri il recipiente ogni settimana, la droga deve essere ben coperta dal solvente. Per estrarre meglio, nei primi giorni puoi riscaldare il recipiente facendo attenzione che l’olio questa volta non superi la temperatura di 35°C. Nel caso dell’ipericosi espone al sole per tre giorni. Per la maggior parte delle altre piante che si raccolgono in estate, la macerazione NON viene esposta al sole.
In alcuni oleoliti da pianta fresca può formarsi un fondo o delle velature. Se le piante non sono state raccolte dopo la pioggia e la preparazione è avvenuta correttamente, un eventuale fondo è dovuto alla decantazione di parti vegetali non filtrate. Secondo la mia esperienza non intacca le proprietà, per escludere ogni rischio puoi ripetere il filtraggio.
Come per le tinture, gli oleoliti “maturano” nel tempo. Prima di usarli aspetta tre mesi. Dopo otto mesi, in genere, un oleolito è perfetto e si sente dal profumo e da come si stende sulla cute. Si conserva in media per due anni nella bottiglia piena.
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