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Monastery of Fonte Avellana, Marche, Italy
Karin Mecozzi
What did young Lodolfo find in the ninth century as he looked for shelter underneath Mount Catria, animated only by his inmost yearning for contemplation and loneliness? Nowadays, it may be difficult to understand why he chose to settle down in that special place, together with a handful of peers from Gubbio. Was it an experience of silence in the ancient beech forest, the spring itself or maybe their longing for the Divine? The woods of the north/east Apennines were already well known places for spiritual retreat of the ancient Umbrian population.
The foundation of the first cells for the monks, in white chalkstone, started about the first millennium near the most important springs of the area. The church, a minor basilica, was consecrated at the end of the 12th century, dedicated to St. Andrew and the Holy Cross. The name of the monastery “Fonte Avellana” does not only depend on the natural abundance of hazelnut trees (Corylus avellana L.), but also on expressions associated to pre-Christian terminologies such as “auantia” (celtic, spring) and “Avernus” (latin, a place inhabited by ancestors). Fonte Avellana is situated in a natural amphitheater at the foot of Mount Catria (1701 m) and we can still see the well in the Botanical Garden, near the age-old yew tree.
Let us take a step back and observe the landscape of Fonte Avellana from a very far distance. From the Adriatic coast, we can see how the limestone massive of the Mount Catria rises in the hilly countryside. Between its northern face (Marche) and the southern one (Umbria) countless narrow valleys and canyons hide hermitages and minor sanctuaries, most of them ruins, entwined with thorns and brambles. Built on the Byzantine corridor, between Ravenna and Rome, many of these places were not only spiritual retreats but also hideouts both for pilgrims and outlaws. This might have been one of the reasons why St. Romuald (951-1027) arrived in this area in the first Millennium. For several years the founder of the Benedictine Camaldolese monastic order stayed in a cell of S. Maria di Sitria, a small abbey he built some miles from Fonte Avellana, fighting for the renewal and greater organization among the hermits living in northern and central Italy.
The ascendancy of Fonte Avellana began with the charismatic figure of St. Peter Damian (1007-1072) when he became the prior. Within a short period the monastery became a center of religious, cultural and social initiatives, even the most famous Dante Alighieri wrote a sonnet about Fonte Avellana in his Divine Comedy. The monastery and its properties were administered exemplarily, and until the end of the 14th century the domains of Fonte Avellana almost reached the Adriatic Sea. That was until the Vatican decided to send its own abbots owing to the decline of this unique approach to territorial and sustainable administration. After the closure under Napoleon and later under the unified Kingdom of Italy few monks kept living under Mount Catria. Only in the middle fifties of the nineteenth century were all buildings renovated and the monastery was opened to external visitors again.
In this particular scenario, offered by Mount Catria’s nature and within the monastery’s limestone walls do the outside and the inside become an impressive experience of the centuries old Camaldolese tradition. The monks live in community in the well-balanced rhythm of the Liturgy of the Hours, and at the same time they consider openness and hospitality as fundamental values of their choice of life and spirituality.
Visitors looking for time off for contemplation, private studying or enriching conversations are welcomed in specified parts of the buildings, either on their own or taking part in courses and seminars. Every year the community organizes or offers conferences, classes and courses about several inter-confessional topics, self-directed or held by external experts from all over Italy and Europe. There is a big refectory in the former cellars, which offers the traditional cuisine of the Marche region. A series of former monk cells were converted to comfortable rooms for the guests, there are also various conference halls and a vast library opened for visitors, as well as the beautiful scriptorium with its 13 windows aligned with the position of the sun. The historical library of the monks can be visited only on demand by researchers; it contains volumes and manuscripts from the 15th century until now. Liturgy of Hours and the Holy Mass are held in the Basilica or in the underground Crypt, visitors are always welcome.
The emblem of the Camaldolese shows two doves sipping from the same Chalice under a star. It expresses the encounter of the way of life of solitude against that of life in the religious community, according to the reform of St. Romuald. In Fonte Avellana, in the silence of its forests, we can sense this ancient yet contemporary commitment as a balm for our soul, in a world of sudden changes.
Monastero della Santa Croce e di S. Andrea di Fonte Avellana
I-61040 Serra Sant’Abbondio (PU)
L’uomo quale formatore della terra
Da una conferenza tenuta da Dr. Manfred Klett, agronomo e socio fondatore dell’Azienda Dottenfelderhof in Germania, fattoria biodinamica e sede della Formazione in agricoltura biodinamica per studenti da tutto il mondo.
L’umanità è divenuta attiva in una misura fino ad oggi mai presente nel dare forma e struttura alla terra. Non soltanto ogni oggetto che usiamo nel mondo sensibile porta l’impronta della nostra conoscenza, ma anche la natura che sta al di fuori dell’uomo è cambiata sotto l’influenza della nostra conoscenza. I ruscelli, i fiumi, i laghi e i mari non sono più ciò che erano trenta o quarant’anni fa. I paesaggi frutto della cultura, li chiameremo “culturali”, i nostri boschi, la terra stessa nel suo insieme stanno morendo sotto i nostri piedi, e tutto questo è opera dell’uomo !
Siamo oggi inseriti nel fatto storico di essere divenuti formatori della terra.
Disponiamo di una condizione conoscitiva quasi infinita riguardo alla terra e al contempo di un potere in grado di mettere in pratica quanto conosciamo, di imprimere effettivamente nella terra in libertà l’immagine del mondo che portiamo in noi. La domanda è ora se abbiamo una coscienza di ciò, oppure se il fatto che non diamo un contenuto spirituale e morale alla libertà, che abbiamo conquistato, non sia la causa che porti ad una arbitraria distruzione della terra, invece che ad una costruzione formativa.
Non mancano oggi le persone che hanno iniziato una riflessione di questo genere, constatando come il proprio pensiero si sia staccato da noi stessi e si sia reso autonomo nella cosiddetta scienza “oggettiva”. Basta fare ancora un piccolo passo per dire: posso allora lasciare la responsabilità del mio pensiero anche al computer. Dall’altra parte si noterà: anche il mio volere, la mia volontà si è staccata dall’uomo e si è resa autonoma nella moderna tecnologia. A questo punto basta poco per dirsi: perché non abbandonare anche il mio volere quale automatismo ai robots ? L’umanità ha accettato passivamente che il pensare e il volere si siano resi autonomi, scindendosi. L’uomo quale essere che sente, cioè il momento vissuto come il più tipicamente umano, è restato indietro rispetto al procedere di tutto il resto e sta impotente di fronte a tutto ciò che avviene, subendo fuori nel mondo le conseguenze del pensare e del volere resisi autonomi. In realtà non è l’uomo in quanto agisce che ha messo a suo servizio la terra configurandola, ma il pensare e il volere che si sono staccati da lui in un dualismo di forze, di intelligenza e di manifestazione di potere. L’uomo che soggiace inconsciamente a questa dualità corre oggi continuamente il pericolo di diventare strumento di una potenza che lo determina da fuori. Oggi ci sentiamo padroni nell’uso industriale della terra. Se però si guarda meglio l’uso industriale della terra, in questo modo continuamente formiamo in realtà la terra, ci si accorge che ciò avviene non per la terra, ma per soddisfare i bisogni degli uomini. Questo uso industriale della terra è di necessità distruttivo e mortifero, e limitato dalla quantità di risorse disponibili.
Ma all’uso industriale della terra sta di fronte qualcosa d’altro. Come stanno le cose con l’utilizzo della natura vivente, della natura animata, delle piante coltivate e degli animali domestici, come sono messe le cose con l’agricoltura ? Muovendo dalla attuale immagine che abbiamo del mondo, emerge una immagine adeguata alla pianta dotata di vita, all’animale domestico dotato di anima e di sensibilità, in grado di renderci capaci di usarli con la stessa padronanza con la quale usiamo nell’industria la natura inanimata ? Abbiamo una immagine della pianta che abbia l’impronta della sua natura essenziale ? Abbiamo in realtà una conoscenza della natura essenziale della vita ?
Una domanda di questo genere non emerge dall’immagine materialistica del mondo. Come è possibile però dare forma a qualcosa di cui non conosco la natura essenziale ? Per questo dobbiamo con molta consapevolezza andare oltre l’immagine materialistica del mondo. Non si tratta di qualcosa che possiamo pretendere dagli altri uomini, possiamo pretenderlo soltanto da noi stessi.
(…) Manfred Klett trad. Stefano Pederiva
Timo, aromatico, profumato, medicinale
Il timo, Thymus vulgaris L., della famiglia delle lamiaceae è un piccolo suffrutice dai fusti eretti e legnosi, foglie ovali punteggiate di ghiandole e ricoperte di peluria sul lato inferiore e fiori a spicastro rosei o bianchi. Proviene dall’area mediterranea ed è diffuso in tutti i paesi dell’Europa meridionale e dell’Asia minore, in Italia è spontaneo sulle coste tirreniche. Preferisce terreni silicei e viene coltivato in Spagna, Portogallo e nei Balcani.
Il timo serpillo e il timo di montagna sono specie striscianti, hanno infiorescenze a pannocchietta dal colore rosa più acceso, e hanno un profumo più dolce. Sono indicati per preparare impacchi e suffumigi per alleviare la tosse dei bambini, mentre il timo volgare è troppo forte.
Nel suo aspetto il piccolo arbusto di timo esprime concentrazione e tenacia. Il suo nome proviene dal greco antico e significa coraggio. E’ ben radicato nel terreno, cresce anche su terreni magri, non teme il gelo e resiste alle estati secche del meridione. I rami si estendono verso la periferia, formano un angolo quasi retto e si dirigono verso l’alto cercando la luce. Se abbiamo l’occasione di osservare la fioritura di una coltivazione di timo, le piante dalle foglie verde cupo appaiono come ricoperte di neve. Gli arbusti sono visitati da api e farfalle, attirate dal profumo intenso.
L’olio essenziale contenuto nelle foglie al 2-3% si sprigiona con il caldo o strofinando foglie e fiori e ha proprietà antisettiche, antibatteriche e antivirali. Secondo Gattefossé, il grande ricercatore di aromaterapia del novecento, l’essenza di timo rosso fornisce un valido antibiotico e antifungino. L’essenza di timo bianco è meno aggressiva, tuttavia occorre limitare l’uso dell’essenza in gravidanza e in caso di allergie perché, come anche l’olio essenziale di timo rosso, può causare reazioni cutanee.
Per percepire il vigore e la forza del timo, si inala l’essenza “a secco”, su un fazzoletto di lino: all’olfatto l’olio essenziale risulta innanzi tutto pungente, poi sprigiona l’azione balsamica e infine rilascia una note dolce che ricorda la rosa rossa. L’esperienza olfattiva evoca grandezza, superamento del sé.
L’intera pianta è ricca di tannini, flavonoidi e triterpeni e viene usata in fitoterapia per aumentare le difese immunitarie, nell’anemia, le affezioni all’apparato respiratorio e come disinfettante intestinale. Si usano i rametti fioriti, raccolti tra maggio e luglio in giorni di aria/luce intorno alla luna nuova. Per l’infuso si versano 500 ml di acqua bollente su 1 cucchiaio di foglie e fiori e si lascia in infusione per 15 minuti. Il timo aiuta a superare periodi di astenia. Si prepara un infuso concentrato (100g in 1 l di acqua), si aggiunge all’acqua della vasca (37°C) e si resta immersi non più di 10 minuti ispirando profondamente i vapori benefici.
Da millenni il timo viene usato come pianta aromatica in cucina per il suo sapore caldo. Favorisce la digestione dei grassi ed è utilizzato per aromatizzare cibi a base di carne, legumi, cereali e il classico sugo di pomodoro. Si raccomanda di conservare i rametti di timo interi e strofinarli solamente al momento dell’impiego per usare le foglie. In questo maniera il timo essiccato conserva il suo aroma per molto tempo.
HWB Values
Vi presentiamo i principi fondamentali di Erboristi senza frontiere / HERBALISTS WITHOUT BORDERS. Siamo felici se vorrete contribuire alla diffusione dei valori che accomuna il lavoro degli erboristi per la salute delle persone e del pianeta, in tutto il mondo. Da un anno HWB ha sede in Italia come Italian Chapter Central Apennines a San Severino Marche (MC).
Oltre alla diffusione dei principi nei corsi di erboristeria, sto cercando erboristi che mi aiutino a tenere laboratori, passeggiate o piccole conferenze nel cratere del Terremoto 2016 nel Centroitalia.
Siamo lieti di contribuire, è sufficiente invitarci a eventi o feste nell’Appennino ferito.
Contattatemi in privato o per mail a karin.mecozzi@aruba.it. Il sito di HERBALISTS WITHOUT BORDERS: www.herbalistswithoutborders.weebly.com
Thanks to Denise Cusack director and creative web disigner of HWB
Armbad im Sommer, für mehr Konzentration
Rezept: Rosmarinarmbad für die Konzentration
Zwei Handvoll frische Rosmarinzweige, eine Handvoll Basilikumblätter, 1 Zweig Zitronenverbene (sonst etwas Zitronenschale frisch) * 20 Tropfen Lavendel hybrid Äth. Öl mit etwas Essig und 1 Löffel Olivenöl vermengen * Kräuter mit 5 l kochendem Wasser überbrühen, 15 Minuten ziehen lassen, abseihen, vermisches Lavendelöl dazugeben, gut verrühren, abkühlen lassen.
Das Armbad soll lauwarm sein, Unterarme bis über die Ellenbogen eintauchen, 3-5 Minuten baden, nicht abtrocknen, sondern energisch einreiben, z.B. meiner Verbenenlotion mit sizilianischer Zitrone und Honigkleeöl.
Macht fit! Außer Abands, kann man das armbad beliebig wiederholen
Corso “Conoscenza vivente della natura – Piante, paesaggio e sensi”
Monastero di Fonte Avellana (PU)
31 agosto – 2 settembre 2018
“Conoscenza vivente della natura – Piante, paesaggio e sensi”
Corso teorico pratico di osservazione della natura, erboristeria e esperienza artistica
Le piante tipiche di un luogo, medicinali, aromatiche e alimentari, sono in stretta connessione con il paesaggio e con l’uomo. Quali strumenti abbiamo per comprenderle e conoscerle oggi, tra scienza e umanesimo, botanica e arte? L’incontro è dedicato allo studio, alla contemplazione e all’esperienza diretta delle piante e del paesaggio di Fonte Avellana, sulle tracce di naturalisti come Johann Wolfgang von Goethe, Alexander von Humboldt, Henri Thoreau e il camaldolese D. Raffaele Piccinini. Il corso è teorico pratico, con lezioni, laboratori e lavoro in gruppi.
Si svolge all’interno del Monastero Camaldolese di Fonte Avellana e nella meravigliosa natura settembrina del Monte Catria. Per informazioni e iscrizioni: karin.mecozzi@aruba.it
Curano il corso:
Karin Mecozzi, Erborista, autrice, esperta di osservazione del paesaggio, Daniela Dall’Oro, Maestra d’arte, insegnante, qualificata in arteterapia e pedagogia curativa, Giorgio Bortolussi, Agricoltore, docente, segretario Ass. Agricoltura Biodinamica Marche
Con il patrocinio di Accademia Europea per la cultura del paesaggio PETRARCA e Italian Chapter of HERBALISTS WITHOUT BORDERS
Il programma dettagliato è in elaborazione, sarà pubblicato su: www.karinmecozzi.com e www.fonteavellana.it
Corso “Essenze d’Estate” a Fonte Avellana
grazie danke thanks….
doris karadar – augusta d’andrassi – giorgio bortolussi – kerstin kollbach – accademia petrarca – comunità monastica camaldolese di fonte avellana – herbalists without borders
a tutti i partecipanti del corso
all’aiuto di *flora * weleda *ecornaturasì *italchile *argital *arcangea
calendario erboristi senza frontiere
Benvenuto luglio – welcome July!
Being aware of seasons and observing our plants and landscape – another awesome calendar page for Your desktop from HERBALISTS WITHOUT BORDERS.
consapevoli del ritmo delle stagioni, osservando le nostre piante medicinali e paesaggi – ecco una nuova pagina del bel.calendario HWB.
Preparare un oleolito da pianta fresca
Preparazione di un oleolito, ricetta tradizionale semplice
tratta da “Ars Herbaria, le piante medicinali nel respiro dell’anno”, Karin Mecozzi, Ed. Natura e Cultura
“Si raccoglie la pianta officinale prescelta in giorni di ARIA/LUCE o CALORE secondo il calendario biodinamico, rispettando prima di tutto il tempo balsamico della pianta. Si taglia finemente la droga fresca, si riempie a metà un barattolo di vetro coprendo con olio di oliva extravergine biologico o biodinamico o altri oli vegetali, secondo la pianta da estrarre e l’uso finale. E’ importante usare dell’olio di qualità, altrimenti, insieme alla pianta, si estraggono anche i residui di fitofarmaci e pesticidi.
Per ottenere un oleolito delicato si miscelano olio di oliva e olio di mandorle spremuti a freddo (1:1), e per uso cosmetico, per preparare pomate, creme, lozioni, aggiungo sempre dell’olio di jojoba o di avocado, olio di canapa e un cucchiaio di olio di germe di grano.
In questo modo l’oleolito risulterà particolarmente fluido e delicato, sarà facile da stendere. Gli oleoliti con oli leggeri nutrono in profondità trasmettendo le proprietà benefiche, di calore e protezione delle piante spremute. Si mette il barattolo in un pentolino d’acqua e si scalda a bagnomaria senza chiudere, portando l’olio a 60°C. Si rimesta delicatamente con un cucchiaio di legno e si lascia raffreddare lentamente nel pentolino d’acqua calda, poi si chiude bene e si ripone in un luogo caldo per quattro settimane, scuotendo ogni giorno per mescolare olio e pianta. Per estrarre meglio, nei primi giorni si può riscaldare il recipiente facendo attenzione che l’olio questa volta non superi la temperatura di 35°C.
Nel caso dell’iperico si espone al sole per tre giorni (finchè si colora di rosso!). Passato il tempo di macerazione si porta l’oleolito ancora una volta a 35°C e si filtra (si possono usare i filtri per il caffè americano, altrimenti chiedete in farmacia dell’apposita carta da filtro) premendo leggermente la parte erbacea. Si versa in bottigliette di vetro scuro riempendole fino all’orlo, si chiude bene e si conserva al buio. In alcuni oleoliti da pianta fresca può formarsi un fondo o anche delle velature. Se le piante non sono state raccolte dopo la pioggia e la preparazione è avvenuta correttamente, un eventuale fondo è dovuto alla decantazione di parti vegetali non filtrate. Secondo la mia esperienza non intacca le proprietà. Per escludere ogni rischio si può ripetere il filtraggio.
Come per le tinture, gli oleoliti “maturano” nel tempo. Prima di usarli si aspettano tre mesi. Dopo otto mesi, in genere, un oleolito è perfetto e si sente dal profumo e da come si stende sulla cute. Si conserva in media per due anni nella bottiglia piena.