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Tempo di zucche!

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La ZUCCA (fam. Cucurbitaceae) ha mille forme e variazioni: il frutto cresce a  cilindro, a sfera, a fiasco. Le specie tropicali formano frutti che raggiungono anche 25 kg di peso. Tra le varietà più apprezzate conosciamo la “Hokkaido”, originaria del Giappone. Ha la polpa soda e un maggiore contenuto di sostanze nutritive. In genere la zucca sviluppa il suo aroma solo attraverso la cottura e viene servita come contorno o come zuppa. Si conserva anache cruda tagliata a dadini, in fermentazione acido lattica. I semi di alcune zucche sono di importanti perchè hanno effetti diuretici e aiutano in caso di infiammazioni e disturbi del sistema urinario.

  • Le CUCURBITACEAE
    Fanno parte delle Cucurbitaceae i cetrioli (Cucumis sativus), le zucche (genere Cucurbita), ad esempio la zucca Hokkaido, le zucchine (Cucurbita pepo subsp. pepo var. giromontiina), i meloni (Cucumis melo) e i cocomeri (Citrulllus lanatus) che fanno parte della frutta. Tutte amano il caldo, prediligono terreni ricchi di sostanza organica (le zucche, ad esempio, crescono anche direttamente sul cumulo di composto) e necessitano di molta acqua. Osserviamo i frutti sodi di questa famiglia: formano esemplari enormi, imponenti! Poche altre famiglie creano una massa tale nel frutto. Gli ortaggi delle cucurbitacee contengono molta acqua ma hanno poco aroma. Dal sapore delicato e fresco si prestano a molte combinazioni, ad esempio con i pomodori.
    Il fogliame delle cucurbitacee è molto rigoglioso, indica l’azione di enormi forze vegetative; le cucurbitacee mancano invece di forze di innalzamento e di conformazione: strisciano sul terreno, le foglie e i frutti sono poco conformati o semplici, a cilindro o a sfera.

Per la loro relazione con l’ambito della foglia, le cucurbitacee sono collegate con la sfera del ritmo dell’uomo, regolano la circolazione dei liquidi e possono essere diuretiche (cetrioli, semi di zucca). Sono ben tollerate, anche se di solito debbono essere cotte. Per le poche forze di conformazione e il basso contenuto di minerali, non hanno una forte azione sul sistema neuro-sensoriale

(da “Anthroposophische Ernährung” di Petra Kühne, Arbeitskreis für Ernährungsforschung www.ake.ernaehrung.de)

Landschaft zwischen Ost und West, Grat zwischen zwei Meeren

Foto-0258Einen Tag lang in grünen Tälern wandern, das tut unbeschreiblich gut! Der Seele, dem Körper, dem Geist. Graterlebnisse in der Alpe della Luna, den MONDALPEN. Die Regionen Marche, Emilia Romagna, Umbrien und Toskana begegnen einander in einem Geflecht aus Bergkuppen und -Ketten, voller Quellen, stillen Bächen, Wasserfällen und gro0en Sandsteinen. Kalk wird hier veredelt, Der Fels glitzert im Sonnenlicht, dunkle Adern durchziehen das Gestein. Von der Baumpracht kann einem schwindlig werden, Ahorne -mehrere Arten-, Eichen – auch die helle Zerreiche- Hainbuchen, Eschen und Erlen am Bachgrund, viele Weiden, die im Wald aufleuuchten, ud versteckt Eiben.

Von der Adria im Osten in die Provinz Arezzo nach Westen hin zieht sich der Apennin in den Nordmarken hin. Der Monte Maggiore und der Monte dei Frati (1400 m) bilden einen Wall,  hinter die Sonne untergeht, hier geht es weiter auf dem Weg nach Rom und zum Tyrrenischen Meer. Doch wir kehren um, folgen dem aufgehenden Mond, den nach Osten fließenden Bächen folgend .Foto-0240

Morgen nimmt “Ars Herbaria, Heilpflanzen im Jahreslauf”, erschienen im Verlag am Goetheaum, an der Preisverleihung der Stiftung Buchkunst in Frankfurt, Museum Angewandte Kunst, statt, zusammen mit den anderen 24 “Schönsten Büchern Deutschlands 2015”. Ein Buch wird den ersten Preis gewinnen, alle werden weiterhin durch Europa und im Ausland auf Messen und Veranstaltungen vorgestellt.
Domani la versione in lingua tedesca di “Ars herbaria, piante medicinali nel ritmo dell’anno” viene premiata insieme ad altri 24 meravigliosi libri al Museo di Arte moderna a 9681_508961245828756_1185598321_n11017784_935724759819067_6877950527367829908_nFrancoforte, dalla Stiftung Buchkunst. Un libro vincerà il premio in denaro, tutti continueranno il viaggio per l’Europa e all’estero, a fiere e presentazioni.

Il cosmo, l’albero e l’uomo – principi universali nel carattere umano e negli alberi

Dal 23 al 29 agosto mi trovate insieme a Olivia Oeschger e Daniela Dall’Oro nelle stupende foreste di Fonte Avellana, ospiti della Comunità dei monaci Camaldolesi.

Condividiamo i principi archetipici che si manifestano nel nostro carattere e nella nostra biografia, li osserviamo nelle piante e nel paesaggio e li sperimentiamo con acquarelli naturali. Passeggiate, conversazioni, la visita a due abbazie medioevali e molta quiete allietano la settimana. Per iscrizioni delll’ultimo minuto potete chiamare i numeri 349 8383231 o 0721 730261.

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A presto!

Alberi… Salix spp.

Alberi… i SALICI sono l’argento delle nostre colline, lungo fossi e campi, anche in pieno sole (in Carpegna per esempio crescono rigogliosi), segnano sempre la presenza di acqua, anche quando non è visibile in superficie. Di piccola statura, corteccia rugosa negli alberi adulti e liscissima nei giovani rami. Fgolie lanceolate argentee che restano così anche secche. Gli amenti, i fiori, attirano le api e illuminano discretamente di bianco e di giallo limone la natura dopo l’inverno. Sono morbidi al tatto e da bambini li chiamavamo gatttini. In erboristeria si raccolgono foglie, gemme e corteccia per le proprietà analgesiche, antiinfiammatorie, astringenti (Salix alba L.). L’albero dona all’uomo tutte le sue parti. Le radici erminali rosse fuoco, immerse nell’acqua, venivano messe a bagno nelle fontane per tenere pulita l’acqua e libera da muschi ed alghe.

La salicina è un glucosde e venne sintetizzato (aspirina). In fitoterapia si usa la tintura madre o l’estratto secco di Salix alba che non causano disturbi allo stomaco come il farmaco chimico e sono di sicura efficacia nell’influenza, contro spasmi metruali, nella dissenteria e per alleviare l’emicrania. Il salice è un rimedio flessibile, come la pianta, e ognuno può trovare beneficio laddove è debole di costituzione.

Con i rami si intrecciano cesti e si legano le viti (Salix viminalis). Pianta tintoria (la tintura mi da un rosso rubino) ed essenza per un “fiore di Bach”: Willow, Weide, elastica, perdona chi la ferisce, rinasce con giovani virgulti e annuncia la primavera, prima di molti fiori.

Salix

Atropa belladonna L.

Atropa belladonna flores

Nelle piante prive di tossicità il corpo astrale circonda la pianta, nelle specie velenose il corpo astrale pervade l’intera pianta.

Atropa Belladonna, in inglese “Deadly Nightshade”, è una delle piante medicinali e velenose più famose della famiglia delle solanacee. Il nome deriva da “Atropos”, una delle tre parche, le divinità greche del destino, che recide il filo della vita. Si chiama “belladonna”, perché per secoli donne e uomini ne hanno adoperato il succo per dilatare le pupille e donare lucentezza agli occhi, non senza correre rischi! La belladonna è parente stretta di piante ortive come il pomodoro, la melanzana, la patata, anche del tabacco e di piante medicinali come la dulcamara e lo stramonio. La troviamo spontanea sopra i 700 metri, nel sottobosco, nei boschi radi, dove è stata tagliata la legna di recente. Ama la penombra e i terreni calcarei ma cresce bene anche nelle Alpi granitiche. Forma uno stelo centrale turgido, ricoperto di macchie rossastre da cui partono, a 45 gradi, i rami laterali, fino a formare una sorta di imbuto. Le foglie sono ovali e leggermente appuntite, dai bordi affilati e di un verde opaco che tende al blu. Sono molto lisce al tatto e diffondono un odore acre che ricorda la pianta di pomodoro e le patate crude. Nella sfera vegetativa, nello stelo e nelle foglie, la pianta si permea di acqua, di succhi, è piena di vita.
Sotto le foglie, nelle ascelle fogliari, spuntano i fiori a campanula. Le corolle hanno un bell’aspetto, sono gialle alla base e viola scure verso i bordi, con grossi calici verdi che contornano anche i frutti, come una stella a cinque punte. I fiori, aprendosi, si girano verso il basso, verso il suolo, come se assorbissero le forze dell’ombra. Nei fiori e poi nei frutti, la belladonna manifesta un’attrazione verso il mondo delle tenebre, e diventa di una bellezza ambigua e pericolosa. Non forma sostanze profumate (prova del fatto che veleni e oli essenziali sono sostanze contrapposte).
Le bacche scure e lucide appaiono invitanti, succose, si formano alla fine dell’estate proprio quando sono mature anche more e mirtilli, ma in verità sono molto tossiche e non debbono essere raccolte per nessun motivo! L’intera pianta è ricca di alcaloidi: iosciamina, atropina, scopolamina, belladonnina, e altri ancora. Gli alcaloidi contenuti nella pianta vengono facilmente assorbiti dalla pelle, e quindi è meglio non sfregare le foglie o toccare troppo i fiori, quando la troviamo nel bosco. Era una degli ingredienti della cosiddetta “pomata per volare” utilizzate dalle streghe nella notte di Santa Valpurga (30 aprile), per avvicinarsi al mondo astrale e avere visioni.
I sintomi da avvelenamento sono: disturbi respiratori fino alla paralisi respiratoria, forte nausea, secchezza delle fauci, disturbi cardiaci, allucinazioni e midriasi (dilatazione delle pupille). 2-3 bacche possono essere letali per un bambino piccolo, nel dubbio si consiglia quindi di chiamare subito il medico.
Oltre agli alcaloidi la belladonna contiene anche flavonoidi, una sostanza fluorescente, minerali tra cui silicio, magnesio e rame, e infine delle cumarine. La presenza degli alcaloidi indica che la pianta “si allontana dalla sua natura vegetale” (W. Pelikan) e dalla connessione tra forze fisiche e vitali-eteriche. La belladonna forma invece sostanze che respingono la vita (i veleni). Allo stesso tempo, si avvicina alla sfera astrale. In quantità ponderale, tutti gli organi vegetali della belladonna sono velenosi. Estratti di radice sono addirittura doppiamente velenosi rispetto a foglie e fiori. La preparazione omeopatica “Belladonna” in diverse diluizioni è uno dei rimedi più conosciuti; viene ricavato dalla tintura madre dell’intera pianta. E’ utilizzato soprattutto contro infiammazioni, stati febbrili, crampi e coliche addominali, stati ansiosi, ogni volta che si forma troppo calore nell’organismo, con arrossamenti, spasmi e vampate.
Nella medicina antroposofica si considera l’immagine essenziale di Atropa belladonna, che si esprime nel singolare rapporto tra luce e ombra della pianta, la grande vitalità di tutti gli organi e l’inclinazione ad agire come veleno sulla sfera sensoriale (nervi). Viene impiegata nelle affezioni oculari, contro spasmi nella sfera metabolica, in situazione emotive difficili con ansia e tensione. In questo senso la belladonna, un’abitante affascinante e misteriosa dei nostri boschi, aiuta l’uomo a diventare nuovamente “morbido”, a sciogliere i suoi indurimenti.

Atropa belladonna fructus