Trovare in agosto, dopo due mesi quasi senza pioggia, superfici fogliari così grandi, verdi e pieni di vita è un regalo, sembra una fiaba, un popolo di Petasites officinalis che racconta dell’acqua sotto terra, dell’acqua appena sopra, della rugiada, della leggera nebbia che si alza all’alba come un’espirazione.
La petasite (in tedesco radice della peste, Pestwurz) è stata usata per secoli come antidoto alle epidemie di peste e malattie contagiose Ottima pianta depurativa, aiuta nei casi di asma allergico e di emicrania cronica. Il contenuto di acidi pirrolizidinici la rende poco sicura perchè potenzialmente epatotossica, tuttavia esistono estratti liberi da alcoloidi; bella pianta della tradizione erboristica europea, nell’omepatia antroposofica è abbinata a piante sinergiche.
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Dal bosco per giardino e cuscini profumati: Tommasinia verticillaris (L.) Bertol.
Peucedanum verticillare o Imperatoria di Tommasini, Apiaceae. Nome popolare “tommasinia”, in inglese “giant hog fennel”.
Bella pianta da coltivare in giardino (terreno fresco, ricco di humus, ama il sole) per la forma slanciata del fusto e il portamento dei fiori ad ombrella. Pascolo per api e farfalle, fiorisce al secondo anno, è biennale o pluriennale di breve durata.
Cresce ai margini del bosco, lungo prati umidi e fossi. Non teme il sole pieno e resiste al clima mediterraneo in estate. Colpiscono le guaine striate da cui si formano le foglie, che sono profumate, dal sapore aromatico. Tuttavia sconsigliamo l’uso interno, la pianta non è ben conosciuta a livello farmacologico; le furocumarine contenute soprattutto nei semi possono essere irritanti per la pelle e sono pericolose per il fegato. Secondo studi americani, i componenti dell’olio essenziale della tomassinia sembrano interessanti, da approfondire. Nell’erboristeria tradizionale mediterranea, la radice è usata come l’Angelica sylvestris o il Peucedanum ostruthium, per l’azione digestiva, carminativae e tonica.
A fine estate essicco le foglie e le mescolo a fiori di lavanda, piccoli rami di finocchio selvatica, foglie di melissa romaana e calaminta. Con questa miscela imbottisco piccoli cuscini, da applicare sulla nuca e sulla fronte in caso di emicrania e nausea.
Camminare lento
In mezzo al turbinio dell’estate, nelle lunghe giornate assolate capita che ci sentiamo poco presenti, come sognanti. L’estate porterebbe con sé il fatto di essere meno attivi del solito, invece dobbiamo lavorare come in tutti gli altri mesi dell’anno. Allora, invece di vivere più lentamente e assaporare il calore e la luce estiva, ci troviamo a svolgere i nostri impegni con la sensazione di non avere il giusto ritmo, la stabilità necessaria. Specialmente chi soffre di pressione bassa per il caldo, chi non riesce a dormire bene, nei periodi in cui gli stimoli sensoriali sono eccessivi – troppo sole, caldo, sudore – può eseguire un breve rituale che aiuta a ritrovare se stessi nel proprio corpo. Si cammina senza fretta per pochi minuti, lasciando fluire l’attenzione, e passando dalla percezione del proprio movimento a ciò che si incontra fuori, per poi tornare ai propri passi.
Camminando consapevolmente, anche solo per pochi minuti, si può ritrovare un gradevole senso di equilibrio interiore: il respiro diventa più calmo, il battito cardiaco più regolare. E’ importante dedicarsi a questo esercizio possibilmente ogni volta alla stessa ora, senza forzarsi nel percepire o analizzare alcunché.
La contemplazione della natura in cammino come pratica quotidiana, anche dell’albero dietro casa o di un’aiuola nel parco, offre degli attimi di calma e di stabilità interiore, in cui l’ascolto del proprio movimento si fonde con l’evolversi della stagione estiva.
“Il Camminare lento”
Nei giorni più caldi alzati molto presto, bevi un infuso o un bicchiere di acqua e limone ed esci di casa. Cammina con calma per qualche minuto permettendo alle membra di muoversi con naturalezza, seguendo il respiro. Passo dopo passo, assapora l’odore dell’aria, osserva ciò che incontri con un atteggiamento rilassato, privo di giudizi: una lucertola, un papavero, la campagna assolata. Assorbi l’atmosfera e concediti la visione dell’insieme del luogo in cui abiti. Sotto il sole estivo, il paesaggio cambia qualità quasi impercettibilmente, accompagnandoti nella tua vita quotidiana.
Esegui, se vuoi, la breve camminata anche al tramonto, per pochi attimi, nello stesso posto. Proverai un senso di pace al contatto con te stesso, con la stagione, con il luogo che muta di giorno in giorno.
„Achtsames Gehen“
Stehe eine Viertelstunde früher auf als sonst, trinke ein Glas Wasser mit Zitronensaft und gehe hinaus in den Garten oder auf die Straße. Atme die Luft ein, nimm wahr, wie der Tag sich seinen Weg bahnt, das Sonnenlicht alle Dinge beleuchtet, wie sich die Wärme oder der Tau anfühlen. Geh ein paar Schritte und konzentriere dich dabei auf deine Bewegungen. Spürst du den Impuls, schneller zu gehen, zu laufen oder gehst du lieber langsam? Suche dir einen Rhythmus aus und behalte ihn ungefähr 5 Minuten lang bei, achte weiterhin auf deine Schritte, auf den Boden, die Straße. Höre auf die Geräusche der Umgebung, schau dir den Himmel an. Halte an und lausche auf dein Herz, deine Atmung, werde dir deiner Haltung bewusst. Sei gegenwärtig. Du kannst weitergehen oder die Übung nach wenigen Minuten abschließen, am besten aber übst du jeden Tag gleich lange. In unruhigen Zeiten kannst du die Übung auch bei Sonnenuntergang wiederholen, sie wird dich erden, die Verbindung zu dir selbst stärken und zur Natur im Jahreslauf.
West-Eastern Divan Orchestra: l’orchestra che unisce Arabi e Israeliani
La bellezza…
Paesaggio e atmosfere – come le osserviamo?
Cosa intendiamo per “paesaggio”
Vivendo nei pressi di Urbino* mi capita spesso di notare dei visitatori che, indicando l’incantevole vista dal Palazzo Ducale, esclamano: “Guardate che bel paesaggio… !”. In Italia, il paesaggio è spesso sinonimo di panorami suggestivi con vedute su colline e romantici borghi, ed anche di quel territorio di cui si debbono occupare Stato ed enti. Invece, il paesaggio in senso lato è molto più di un bel panorama, e tutti noi siamo partecipi della sua salute ed evoluzione!
* Nota: Nelle Marche, più specificamente nella provincia di Pesaro e Urbino, la cittadina rinascimentale di Urbino conserva uno dei più bei centri storici d’Italia. Edificato in gran parte sotto i duchi di Montefeltro, il centro di Urbino comprende una cattedrale e diverse chiese ed oratori, il ghetto con la sinagoga, una fortezza ed innumerevoli vicoli e scorci che considero imperdibili! Grazie al sostegno della Unesco che ha dichiarato Urbino patrimonio dell’umanità, la città mostra al visitatori come si possa costruire in sintonia con il genius loci: dai colli in pieno centro si ammirano valli e colline, fiumi e piccoli centri abitati che accompagnano lo sguardo verso la Toscana e l’Umbria, in un susseguirsi di sfumature azzurre e verdi.
Per entrare in un dialogo vero con il paesaggio che ci circonda, con il paesaggio esteriore, consideriamone anche le qualità interiori, rivolgiamoci cioè anche al paesaggio che nello stesso tempo vive dentro di noi. Solitamente la nostra immagine interiore di paesaggio affiora, quando un luogo ci tocca particolarmente, quando ci stimola a riflettere o ricordare, oppure ci chiama ad intervenire. L’aspetto interiore del paesaggio è l’incontro tra l’impressione che riceviamo dall’esterno e ciò che avviene nella nostra interiorità: pensieri e giudizi, sensazioni ed emozioni, impulsi ad agire e desiderio di comunicare con gli altri…, ma è costituito anche dai nostri ricordi, quando richiamiamo alla memoria delle immagini dei luoghi della nostra vita e le confrontiamo con quel che ci circonda.
Nel nostro percorso entrambe le qualità del paesaggio, quella esteriore e quella interiore, si incontrano in noi grazie ad una percezione del “vivente”*, che si orienta ai dettagli e all’insieme avvalendosi di strumenti fenomenologici ed artistici. Ne scaturiscono aspetti nuovi che danno valore al paesaggio e alle piante, ma anche a noi stessi che li sperimentiamo in maniera così responsabile e diretta.
“In accordo con la Convenzione Europea sul paesaggio del Consiglio d’Europa possiamo definire il paesaggio un insieme in cui gli aspetti naturali e culturali di un territorio confluiscono in un’atmosfera caratteristica. L’identità dei paesaggi si manifesta nel momento in cui si considera la loro storia come una biografia fortemente legata alla vita degli uomini che vi abitano. Il paesaggio è la natura così come è percepita dall’uomo attraverso i sensi. Ciò che l’uomo pensa di un paesaggio, influisce sulla maniera in cui lo percepisce e lo plasma.
Il grado di sviluppo in cui si trova un paesaggio esprime il livello di consapevolezza degli uomini. Il paesaggio è un “processo” in divenire, un dialogo tra uomo e natura. Nella loro eterogeneità, i paesaggi europei esprimono le diverse condizioni naturali ma anche il rapporto tra uomo e natura. Il paesaggio comprende ambienti naturali, fiumi, laghi, foreste e parchi, ma anche zone destinate all’agricoltura, alla silvicoltura, all’orticoltura. Fanno parte del paesaggio le reti stradali, le aree abitate e le città, le zone industriali e artigianali.
I paesaggi europei stanno subendo delle trasformazioni evidenti che oggi costituiscono una sfida per la coscienza dell’uomo e il suo senso di responsabilità. Lo stile di vita dell’uomo moderno si è emancipato dall’unione innata che lo legava alla natura in passato. L’urbanizzazione aumenta e continua la fuga dalle campagne; i villaggi sono in abbandono, le strutture in degrado, trascurate. Nelle zone rurali nascono cosiddette “aree protette” e “riserve”, dalle quali, tuttavia, l’uomo viene allontanato. (…) Le esigenze del paesaggio non vengono più rispettate, e in molti casi il rapporto tra uomo ed ambiente non è in equilibrio. Come risposta a queste tendenze, in molti ambiti sociali nasce l’esigenza dello sviluppo sostenibile, che si impegna nella gestione rispettosa dei paesaggi tipici regionali e di una vera e propria cultura del paesaggio, attraverso la quale il rapporto dei cittadini con il proprio paesaggio possa evolversi in senso costruttivo. (…)
Il futuro della Terra si basa sull’accordo e sulla fiducia reciproca tra uomo e natura, e l’uomo ha bisogno di nuove capacità percettive per conoscere le connessioni che caratterizzano il suo rapporto con essa. Sempre più dovrà imparare ad essere partecipe dei processi naturali, sostenendoli nella loro evoluzione e nella loro interezza.
Tratto dalla carta costituzionale della
Accademia Europea per la cultura del paesaggio PETRARCA
Luglio a Fonte Avellana
Partiamo presto da casa, strade quasi vuote, il passo dei “Fangacci” tra Urbania e Acqualagna e poi in direzione sud, sulla Flaminia. A Cagli giriamo a sinistra seguendo l’indicazione gialla “Eremo di Fonte Avellana” e arriviamo in poco tempo salendo lungo i tornanti dietro a Frontone, Serpeggiano nel verde, sul lato sud la macchia mediterranea con ornielli e ginestre ancora in fiore, di fronte il lato nord-est del Monte Catria. Dice Franco Barbadoro “Vertebre di una dorsale che l’esiguità di una pelle rivestita di boschi e pascoli a stento nasconde, anzi, spesso lacerata, ne lascia affiorare il nudo osso di roccia. Strati calcarei innalzati per centinaia di metri: fratturati, piegati ed erosi in tante forme. Un libro aperto su una storia naturale vecchia fino a 200 milioni di anni. Il suo vestito di alberi ed erbe, rifugio di piante e animali rari, fa del Catria e dei suoi monti un arcipelago verde: isole lussureggianti e solitarie che emergono dal mare circostante, fatto di colline e valli coltivate e urbanizzate.” (www.catria.net)
I prati delle montagne ancora verdi, il cielo azzurro, la luce leggermente bianca da pieno luglio, un falco che si aggira sopra il monastero: a volte penso che in quel luogo c’è tutto di cui ho bisogno, solo uno specchio d’acqua in cui immergermi manca. Eppure abbiamo sentito il mare – nalla brezza che giunge dall’Adriatico, lo osserviamo nel calcare pieno di fossili e nella vegetazione, che ora sprigiona essenze aromatiche intense.
Provate a farci caso: sotto il caldo ogni cosa rilascia il suo profumo, rivelandone un lato nuovo. IL legno degli arbusti mediterranei, le graminacee ingiallite, le ginestre tagliate, fragranze, profumi o anche odori penetranti e poco graditi in piante dai fiori graziosi come la betonica o la scrofularia.
Quali odori vi porta luglio, quali nuove esperienze e “informazioni” su piante e paesaggio? Una buona settimana!
Stiamo distillando… il MIRTO! (Myrthus communis L.)
(Myrthus communis L.), una meraviglia di fiori bianchi e foglie lucenti. Ecco un articolo pubblicato sul Bollettino Biodinamico sulle mirtacee:
Calore e grazia – le MIRTACEE”
Le Mirtacee, originarie dei tropici, contrappongono ordine e equilibrio alle vigorose forze vegetative di acqua e terra e al forte impulso di calore. Il legno è duro, la corteccia spesso stratificata ma le foglie sono lanceolate e rivelano le forze di luce e calore. Le infiorescenze sono graziose come quelle del mirto o dell’albero del tè o lignificate come quelle dell’eucalipto; l’intera pianta è permeata da oli essenziali. L’ordine della forma, la conservabilità dovuta al contenuto di tannini e la grande varietà di specie fruttifere ricorda le rosacee delle nostre zone climatiche.
Nelle nostre zone costiere cresce il MIRTO, un arbusto dalle piccole foglie coriacee, dal bel verde intenso e i fiori bianchi e odorosi. Gli stami sporgenti, tipici di molti fiori delle mirtacee, indicano ancora l’influsso di aria/luce. I rami fioriti venivano intrecciati per la corona nuziale o raccolti a mazzi e appesi sulla porta per annunciare la nascita di un figlio. Il mirto è dedicato a Venere sin dall’antichità. Una volta seccate, le foglie ricordano le fiammelle dello Spirito Santo, “Yod”, raffigurate sui dipinti sacri del medioevo. L’essenza di mirto, lo “spirito”, è contenuta nelle foglie, nei fiori e nelle bacche e riempie l’aria delle prime giornate calde del Mediterraneo. In Sardegna si produce “il Mirto”, liquore dolce e aromatico. Suffumigi con l’infuso di foglie e l’aggiunta di 10 gocce di olio essenziale leniscono il mal di testa causato dalla sinusite. 2 gocce di olio di mirto sul fazzoletto facilitano la respirazione e rasserenano la mente. L’olio essenziale diffuso nell’ambiente di lavoro facilita la concentrazione e la comunicazione.
L’olio essenziale dell’EUCALIPTO è più forte e secco e indicato per gli adulti. 5 gocce diluite in 20 ml di olio (preferibilmente oleolito di melissa o camomilla) massaggiate dolcemente sulla pancia alleviano gli spasmi causati da un’infezione intestinale o la cistite.
Con i primi freddi l’apparato respiratorio diventa sensibile agli influssi esterni, all’umidità e agli agenti inquinanti. Tutte le mirtacee hanno un’azione benefica per le malattie da raffreddamento. Per i bambini usiamo olio essenziale di CAJEPUT nei suffumigi e nel diffusore. L’olio essenziale di BAY ha un profumo particolarmente gradevole, dalla nota speziata che ricorda la cannella. In inverno lo aggiungiamo alla lozione per il corpo per darci un involucro di calore o alle pomate per impacchi sul petto. Mescoliamo 2 gocce di olio essenziale dell’albero del tè (var. di melaleuca) con ½ cucchiaino di crema di calendula e spalmiamo la pomata sulle narici per liberare il naso e curare gli arrossamenti della pelle.
Durante l’avvento ci scaldiamo con infusi speziati a base di scorze di agrumi, semi di coriandolo, radice di zenzero e curcuma, cannella e CHIODI DI GAROFANO.
Le gemme florali dell’albero di garofano contengono ghiandole oleifere ricche di olio essenziale denso (è più pesante dell’acqua!!) e profumato. Anche qui riconosciamo l’azione delle forze di terra in equilibrio con le forze di luce e calore. L’azione curativa dei chiodi di garofano è rivolta da u lato alla sfera del metabolismo: favorisce la digestione di cibi pesanti. D’altro canto i chiodi di garofano agiscono anche sul sistema nervoso. Ricordiamo il rimedio popolare di masticare un chiodo di garofano contro il mal di denti.
(…) La sfera e la stella sono le forme che caratterizzano l’elicriso: dall’alto notiamo che il piccolo arbusto conquista lo spazio sviluppando una conformazione a sfera sostenuta dai rami argentei. Le foglie si inseriscono a spirale sui rami dando l’impressione di sottili stelle. L’elicriso è una pianta xerofila (vive in ambienti siccitosi) e ha foglie alterne, lineari, ricoperte da sottilissimi peli che la aiutano a trattenere l’acqua proteggendo la pianta dal caldo e dall’irraggiamento solare. I piccoli arbusti hanno la base ben salda per la lignificazione dei rami principali, e le chiome non appaiono impenetrabili ma sono leggere, l’aria e la luce filtrano facilmente attraverso le foglie, e i rametti sono flessibili e delicati. I fiori, minuscoli capolini raccolti in curiosi involucri tubulari ricoperti di squame argentee compaiono presto e si dischiudono lentamente, seguendo l’aumentare del calore e della luce nelle giornate estive. L’elicriso fa parte delle specie tipiche del periodo di San Giovanni, quando le giornate sono più lunghe, le notti brevi e la vita delle piante è al culmine.
Quando i capolini argentei si aprono rivelando il colore dell’elicriso – una tonalità brillante di giallo – diventa chiara l’origine del nome: “elicriso” proviene dal greco antico ’ήλιος (helios, sole) e χρυσέος (chryseos, d’oro, aureo) e significa “sole dorato”. L’immagine è quella della luce intensa, brillante che illumina un pendio roccioso del Mediterraneo riflettendosi nei capolini dorati dei cespi globosi. (…)
Come la stella alpina in montagna, le piante di elicriso sono pervase dall’intensa luce solare delle coste e dei monti, formando organi vegetali e principi attivi che permettono loro di sopravvivere. Possiamo dire che l’elicriso è simile alla stella alpina non solo per l’appartenenza alla stessa famiglia ma anche per l’aspetto: il “fiore” di Leontopodium (ciò che circonda i suoi capolini e conferisce loro la forma di stella non sono petali ma brattee cioè foglie) evoca la pianta d’elicriso schiacciata verso il basso dalla luce di montagna, mentre l’elicriso, specie litorale, si innalza con foglie alternate fino all’infiorescenza.
Da millenni si preparano estratti di elicriso per curare e nutrire la pelle durante l’esposizione al sole. L’oleolito, l’estratto oleoso di elicriso ottenuto per macerazione in olio protegge la pelle già abbronzata con un filtro solare naturale (2-4). Con l’oleolito e l’idrolato (l’acqua aromatica che rimane dalla distillazione dei fiori) si ottiene un’emulsione profumata che tonifica e lenisce la pelle come doposole, soprattutto se l’oleolito è ottenuto dalla macerazione dell’elicriso in olio di oliva extravergine con l’aggiunta di altri oli vegetali spremuti a freddo come avocado jojoba e mandorla. (…)
da “Ars herbaria, piante medicinali nel respiro dell’anno”, ed. Natura & Cultura 2012.
Helichrysum italicum e l’indovinare il momento giusto
Per disegnare un elicriso in questo modo, lo ha osservato per molto tempo, con cura e dedizione. Chissà se sapeva che odore ha, quando lo si raccoglie prima delle 10 di mattina, che colore hanno i fiori ormai secchi. E’ la raffigurazione dell’elicriso che cresce al nord delle Alpi e viene chiamato Perpetuino.
Disegnare è osservare nelle diverse dimensioni, raccogliere e trasformare l’elicriso è un’altra arte antica, piena di fascino e misteri. Nonostante la possibilità che abbiamo oggi di misurare ogni molecola attiva delle piante (o quasi!), indovinare il tempo balsamico rimane magia. Mettere a macerare i fiori di Helichrysum italicum al momento giusto significa catturare un profumo unico ed irripetibile, VIVO! Bisogna solo provare, provare, provare..e dopo 4 settimane è pronto l’oleolito.